Partecipanti:
Christian Fleury, dottore di ricerca in scienze geografiche, membro del gruppo di ricerca Espaces et Sociétées Caen dell’Università Caen – Bassa Normandia.
Guy Burton, esperto del Centro studi del Medio Oriente presso la London School of Economics (LSE), professore associato di relazioni internazionali presso il Vesalius College di Bruxelles.
Gözde Kılıç Yaşın, direttrice del Centro studi dei Balcani e di Cipro presso l’Istituto “Turchia XXI secolo”.
Fernando Ríos, esperto spagnolo, docente di diritto costituzionale presso la Università di La Laguna di Tenerife.
Aris Chatzistefanou, esperto greco, regista documentarista e fondatore del portale Infowar.
Esperto francese: il Mediterraneo orientale diventa una polveriera
L’esperto francese e dottore di ricerca in scienze geografiche Christian Fleury, nell’intervista rilasciata a Sputnik, sottolinea la delicatezza della questione relativa all’estrazione di idrocarburi, specialmente in merito all’eventuale accordo sui volumi di produzione: “Prima di approcciarsi alle attività di estrazione marina di greggio, è necessario determinare i volumi massimi di estrazione sul fondale, il che complica ulteriormente la situazione. Si tratta di questioni preliminari per risolvere le quali serve molto tempo. Si ricordi, ad esempio, la pluriennale controversia frontaliera tra USA e Canada nel Mare di Beaufort. Washington e Ottawa discutono in merito all’appartenenza di una data area nell’Oceano glaciale artico”.
Christian Fleury non esclude che il Mediterraneo “possa diventare una polveriera” per via della sua posizione geografica e del suo contesto politico. “Nel Mediterraneo la situazione è ancor più complessa. Si tratta, infatti, di un mare (quasi) chiuso con una costa estremamente frastagliata. Nella regione vi sono numerosi Paesi costieri (27, NdR) e isole di diverse dimensioni. I recenti eventi occorsi tra Turchia e Grecia inducono a pensare che la situazione possa peggiorare. Talvolta, eventi di poca importanza, come il sorvolo di un aeromobile su un determinato territorio, possono scatenare tensioni improvvise”.
A sua volta l’esperto greco, regista documentarista e fondatore del portale Infowar, Aris Chatzistefanou, nell’intervista rilasciata a Sputnik ha dichiarato: “La politica estera di un Paese come la Grecia dev’essere fondata sul ricorso alle norme del diritto internazionale e ai principi di buon vicinato”.
“La Grecia deve risponde esclusivamente nell’alveo del diritto internazionale”.
L’esperto sottolinea che il recente accordo tra Grecia ed Egitto vada considerato come un segnale del fatto che i Paesi della regione sono effettivamente in grado di dialogare e non del fatto che la situazione starebbe peggiorando: “Il recente accordo tra Grecia ed Egitto deve perlomeno dimostrarci che le controversie possono essere risolte mediante il dialogo e il compromesso. Invece, per colpa dei media e del governo che presentano una visione alterata della realtà, questo accordo rischia di diventare un invito alle armi. Secondo alcune dichiarazioni rese da analisti pro-governativi sui social network l’unico indicatore della nostra vittoria sarebbe la rabbia che scateniamo nei nostri avversari”.
“Ma chi gode del fatto che la Turchia intenda far fallire i negoziati tra Atene e Ankara non capisce che ci troviamo solo all’inizio e non alla fine di un pesante scontro. Le controversie, se non saranno risolte mediante un accordo tra le parti, saranno “risolte” tramite l’ingerenza di ambasciate e società petrolifere straniere”, conclude l’esperto greco.
“Operazioni unilaterali delle parti acuiscono il conflitto”
Il docente di diritto costituzionale presso la Università di La Laguna di Tenerife Fernando Ríos scoraggia Turchia e Grecia dall’effettuare operazioni unilaterali prima di risolvere le controversie in merito alle frontiere marittime: “Finché si conserveranno le controversie in merito all’appartenenza delle acque territoriali non devono essere compiute operazioni di carattere unilaterale che potrebbero non far altro che acuire le tensioni. In ogni caso, quando sussiste una controversia relativa alle acque territoriali, questa dev’essere composta da entrambe le parti oppure con l’ausilio di una corte internazionale affinché la composizione della stessa rimanga nell’alveo della legalità”.
“La questione si complica se si considera che il Sahara è un territorio non ancora decolonizzato. Infatti, il processo di decolonizzazione è fermo poiché il Marocco non accetta i risultati del censimento effettuato per svolgere il referendum in merito all’autodeterminazione. Finché questo processo non sarà ultimato, il Marocco non potrà disporre delle acque territoriali di questa futura nazione. Ma Rabat ha già unilateralmente delimitato i confini ed è anzi intenzionata a condurre operazioni di prospezione della regione”, sottolinea l’esperto.
“Il riconoscimento delle pretese greche minaccia la sovranità turca”
“Le richieste illegittime della Grecia collidono non solo con la prassi turca, ma anche con quella dei Paesi UE”
A sua volta, Gözde Kılıç Yaşın, direttrice del Centro studi dei Balcani e di Cipro presso l’Istituto “Turchia XXI secolo”, sottolinea che alla base delle controversie tra i due Paesi vi sarebbero “pretese illegittime della Grecia” che sarebbero in contrasto non solo con gli interessi della Turchia, ma anche con la prassi giuridica degli Stati membri dell’UE: “I motivi della crisi nel Mediterraneo orientale sono la proclamazione unilaterale ad opera dell’amministrazione greca di Cipro di zona economica speciale e l’emissione a favore di società internazionali di licenze per la prospezione di gas naturale, nonché il riconoscimento da parte della Grecia delle isole di Creta, Rodi e Castelrosso come confini esterni del Paese e l’intenzione greca di creare una zona economica speciale a partire da questi confini. Il desiderio della Grecia di delimitare i propri confini esterni sulla base delle sue isole più lontane non presenta alcun analogo nel diritto internazionale.
Le pretese avanzate sull’area dislocata sulla piattaforma continentale della Turchia riguardano naturalmente anzitutto la Turchia e gli interessi di quest’ultima. Tuttavia, le pretese greche sono in contrasto anche con la prassi comunemente adottata dai partner europei come la Spagna. Le pretese greche sulle isole poc’anzi indicate non sono riconosciute valide dai Paesi con cui la Grecia confina via mare quali Albania, Libia e Italia”, precisa Yaşın.
“In maniera analoga nell’ambito delle controversie in merito a Castelrosso le posizioni della Turchia coincidono con quelle assunte da Spagna e Italia nella delimitazione dei propri confini marittimi e con i principi enunciati nelle decisioni dei giudici e degli arbitri internazionali. In tal contesto, appare controversa la dichiarazione della Turchia in merito alla presenza di un confine marittimo con l’Egitto. Infatti, in questo caso si tratta non tanto di diritto quanto di politica. Pertanto, qualora la questione venga presa in esame da un giudice ai sensi della legge, la decisione dovrà coincidere con le posizioni assunte dalla Turchia”, sottolinea Yaşın.
In conclusione, Yaşın ricorda che nel 2003 la Grecia chiese alla Turchia l’autorizzazione per svolgere operazioni di prospezione a sud di Castelrosso, il che di fatto significò il riconoscimento dei diritti sovrani della Turchia sull’area: “Nella creazione di un precedente giuridico un ruolo fondamentale lo svolgono le posizioni delle nazioni interessate. Il 26 marzo 2003 la Grecia chiese alla Turchia l’autorizzazione per svolgere operazioni di prospezione a sud dell’isola di Castelrosso, il che di fatto significò che la Grecia riconosceva la legittimità della piattaforma continentale turca. Importanza analoga la riveste il precedente per cui la nave da ricerca R/V Meteor dell’Università di Amburgo e che batteva bandiera tedesca chiese alla Turchia l’autorizzazione per effettuare ricerche nel Mar Egeo nelle acque circostanti l’isola di Lemno le quali sono considerate dalla Grecia come “proprie acque continentali”. Anche un’altra nave da ricerca tedesca, Maria S. Merian, chiese alla Turchia l’autorizzazione per svolgere operazioni di prospezione. La Turchia acconsentì e diramò un comunicato via NAVTEX nel territorio compreso tra Creta e Cipro per 580 km di lunghezza e 25 km di larghezza. Tutti questi precedenti dimostrano che in quell’area vengono riconosciuti i diritti sovrani della Turchia”, chiude Yaşın.