“La pandemia dovuta al virus Covid-19 ci sta costringendo a guardarci dentro e ci pone molti interrogativi. Ha coinvolto persone, aziende, governi e il mondo intero in un momento di assenza di leadership: gli Stati Uniti stanno ripiegando su sé stessi, la Cina stenta ad affermare la sua supremazia mondiale, l’Europa è incapace di avere una visione globale. Apparentemente il Covid-19 sembra essere un virus ‘democratico’: ha reso tutti impotenti e uguali. Non è così…”, - ribadisce Regimenti nel libro scritto durante il lockdown.

“Con il coraggio di un punto di vista libero, fondato su analisi approfondite e puntuali – ha detto il leader della Lega Matteo Salvini – la nostra eurodeputata Luisa Regimenti traccia qualche risposta con questo libro che ha il grande merito di fotografare in presa diretta i rischi e le opportunità della svolta epocale di cui siamo testimoni. Senza pregiudizi esplora i caratteri fondanti dell'Unione europea, stimolando analisi e confronti per affrontare con efficacia le inedite sfide del futuro”.
Il libro è scaricabile gratuitamente dalle piattaforme on line Amazon, Kobo, IBS e Feltrinelli.
L’Europa sopravviverà alla crisi da coronavirus? Per parlarne Sputnik Italia ha raggiunto per un approfondimento l’autrice del volume, l’europarlamentare della Lega (Gruppo Identità e Democrazia) Luisa Regimenti.

— La genesi del libro ha una collocazione precisa nello spazio e nel tempo. L’ho scritto durante il lockdown, che ci ha costretti alla permanenza forzata a casa nella lotta al Covid-19. E da qui, da questo evento drammatico che ha cambiato la nostra vita e le nostre abitudini, ho avviato una riflessione sull’Unione europea e sulle conseguenze di una pandemia che ha scavato un solco profondo tra ricchi e poveri, marcato le distanze sociali, offerto una nuova scala di priorità nell’azione di sviluppo e utilizzo delle risorse naturali e sociali. Ha colpito duramente i soggetti più fragili, a cominciare dagli anziani, in uno scenario dove l’eccessiva, e a volte errata, comunicazione ha reso complicata la gestione dell’emergenza. Ecco, allora, che il titolo sintetizza questo studio, che cerca di capire se il virus rappresenti davvero un’opportunità oppure sia un’occasione sprecata per migliorare la nostra società.
— Il contagio dovuto al Covid-19 ha avuto numerose ripercussioni sulla politica europea. Qual è stato il ruolo di Bruxelles nella prima vera crisi di sistema che ha investito l'intero continente? A Suo avviso, l’Ue ha superato questo esame?
— Le ipotesi di lettura principali del mio libro sono essenzialmente due: una fa riferimento all’Unione europea e l’altra pone l'accento sul ruolo della sanità, in tutte le sue espressioni, dalla ricerca all’attività sul campo degli operatori, alla medicina territoriale, fino alla gestione amministrativa di tutela della salute. Ora, al netto degli interventi e delle misure di contenimento del contagio attuati in autonomia dai singoli Governi dei Paesi membri, un compito di primo piano lo ha svolto e lo svolge l’Unione europea, la quale però a mio giudizio è incapace di avere una visione globale della crisi, che nel frattempo ha messo in ginocchio il mondo intero.
— Secondo l’ultimo sondaggio di Termometro politico, il 34,5% degli italiani sarebbe d’accordo nell’uscire sia dall’euro che dall’Unione europea. In poche settimane questo dato è cresciuto del 2%. Come dobbiamo leggerlo? Perché i cittadini stanno perdendo la fiducia nei confronti di Bruxelles, nonostante i 209 miliardi di euro del Recovery Fund ottenuti dall'Italia?
— Premesso che i sondaggi vanno letti con le dovute precauzioni, se i dati, tra l’altro in crescita, indicano che più di un terzo degli italiani è d’accordo nell’uscire dall’euro e dall’Ue è evidente il malessere e il calo di fiducia che si ha nei confronti di questa istituzione. Ho detto prima del ritardo con il quale Bruxelles è intervenuto, a questo va aggiunta la mancata corrispondenza tra gli annunci e i fatti. I 209 miliardi di euro del Recovery Fund, ad esempio, sono per ora soltanto numeri e proclami e forse si vedrà qualche effetto pratico a metà del prossimo anno, ma l’Italia ha bisogno adesso dell’Europa, del suo sostegno, di liquidità per le imprese che sono in affanno, di un fisco meno opprimente che con l’emergenza ha gettato nella disperazione tante famiglie. Appaiono evidenti, allora, i motivi di questo scetticismo di fondo nei confronti dell’Unione europea.
— Nel libro Lei riflette su come il virus sta ridisegnando la società europea. Dal punto di vista sociale, quali saranno gli effetti del Covid nei prossimi anni?
— Nuovi focolai di Covid-19 in vari paesi d’Europa fanno temere un aumento dei contagi e un ritorno a misure drastiche di lockdown. Lei come medico legale pone l’accento sul ruolo della sanità, in tutte le sue espressioni, dalla ricerca all’attività sul campo degli operatori, alla medicina territoriale, fino alla gestione amministrativa di tutela della salute. Come si può vincere la battaglia contro il virus, tenendo presente che l’epidemia ha messo in palese evidenza le debolezze del sistema sanitario pubblico non solo italiano ma quello europeo?
— Un nuovo lockdown sarebbe rischiosissimo. Occorre, invece, mettere in campo interventi di prevenzione per gestire senza affanno eventuali ondate di ritorno del contagio. L’emergenza sanitaria ha rivalutato l'importanza delle competenze medico-scientifiche. La tutela della salute è un diritto fondamentale troppe volte disatteso e nel mio saggio invito a una riflessione in una prospettiva sanitaria.
— Il 2020, già annus memorabilis per l’Unione europea, alle prese con due sfide di rilevante incidenza per la sua tenuta e i suoi sviluppi, quella posta dalla Brexit e quella della pandemia. A Suo avviso, l’Europa sopravviverà alla crisi da coronavirus? Le sfide, che sta affrontando in questo momento, potrebbero diventare le grandi opportunità?
— L’Ue deve ancora crescere e conquistare un’identità condivisa. Il 2020, con la pandemia e la Brexit in primo piano, ha mostrato gli evidenti limiti operativi di un’Europa che stenta a rappresentare tutti i popoli nella giusta misura. Come Lega lo abbiamo detto tante volte: non siamo contro l’Europa, ma siamo contro questa idea di Europa, che costringe milioni di cittadini a dipendere nella loro vita quotidiana da sistemi bancari e percentuali matematiche. L’Italia deve riappropriarsi di un ruolo di primo piano in un’Europa che riconosca il valore della nostra identità nazionale, non mortificandola ma sostenendola in un progetto di crescita comune. Vogliamo una Ue diversa, più democratica, il popolo deve partecipare attivamente a questa costruzione. Dobbiamo ripensare la politica commerciale e industriale, ridare equilibrio al sistema finanziario e limare lo strapotere delle banche. I giovani, poi, devono essere i protagonisti di questo cambiamento, attraverso un nuovo impulso alla cultura e alla formazione. Sfide che l’Europa ormai non può più disattendere.