Critiche all’operato del governo anche dall’ex-ministro degli Interni Marco Minniti e dai settori più responsabili del Pd.
Diciasettemila 670 migranti sbarcati sulle coste italiane dal primo settembre 2019 al 24 luglio 2010. Quel numero, frutto dei dati raccolti dal Ministero dell’Interno è l’emblema della sconfitta del governo giallo-rosso sul fronte dell’immigrazione. Una sconfitta a dir poco devastante. A settembre 2019 l’appena insediato governo Conte Bis scelse quel fronte per lanciare il suo guanto di sfida a Matteo Salvini, uomo simbolo della lotta alle Ong e nemico giurato dell’accoglienza a tutti costi.
Per evidenziare la discontinuità con il passato il ministro Luciana Lamorgese, appena arrivata al Viminale, scelse un’incontro con gli omologhi europei in quel di Malta. Un incontro che - complice l’appoggio di un’Unione Europea decisa a sconfessare Lega e sovranisti - si concluse con gli annunci della neo-ministra sulla disponibilità di Germania, Francia ed altri “volonterosi” partner Ue a ripartirsi i migranti e aiutare l’Italia. A quell’annuncio segurono le omelie compiaciute dei commentatori progressisti puntuali nel salutare la svolta epocale garantita dall’Europa e la lezione inflitta ad un Salvini deciso a risolvere il problema con la chiusura dei porti, il “sequestro” dei migranti, la lotta alle Ong e i cosiddetti decreti sicurezza.
Ma era solo l’ennesima triste farsa. Per capirlo basta confrontare i 17mila 670 migranti accolti durante il Conte Bis e gli appena 7.160 arrivati tra l’1 settembre 2018 e il 30 luglio 2019 quando la poltrona di Luciana Lamorgese era occupata dal “cattivo” Salvini. La differenza è di oltre 10mila migranti in meno a favore del precedente ministro dell’Interno è difficilmente attribuibile al caso ed è inequivocabilmente legata al diverso approccio scelto dai due ministri degli Interni. Un’altra icona dei fallimenti di questo governo sono, però, gli appena 464 migranti ricollocati in altri paesi europei dopo gli annunci sulla ripartizione dello scorso settembre. Una cifra ridicola che include, tra l’altro, varie decine di ricollocamenti decisi quando c’era ancora Salvini, ma attuate con enorme ritardo dai paesi europei.
Se per rappresentare i fallimenti giallo-rossi preferiamo un simbolo in carne ed ossa anzichè dei freddi numeri allora è quasi inevitabile tirare in ballo il sindaco di Lampedusa Totò Martello. Il sindaco, accogliente e solidale, che - ai tempi di Salvini ministro - dava il benvenuto a Carola Reckete e a tutte le navi delle Ong pronte a scaricare migranti sulla sua isola sembra ormai sull’orlo di uan crisi di nervi. Sabato, dopo aver invocato l’intervento delle navi militari e criticato l’assenza di un Conte-Bis un tempo tanto elogiato, il sindaco Totò ha minacciato di dichiarare lo stato d’emergenza e cacciare i migranti colpevoli di trasformare Lampedusa in un campo profughi. Un’impresa che neppure la dichiarazione dello stato d’emergenza faciliterebbe visto che solo nel centro d’accoglienza sono stipati in più di mille, ovvero dieci volte il numero massimo previsto.
A render potenzialmente letale l’inerzia giallo-rossa s’aggiunge la minaccia del Covid. In Sicilia e Calabria si moltiplicano da settimane i casi di migranti sieropositivi. Il 14 luglio almeno 11 di 60 asiatici, in gran parte pakistani, approdati a Pozzallo sono risultati positivi dopo il test del tampone. Il 21 luglio sono invece risulati contagiosi 36 migranti sbarcati a Lampedusa 13 giorni prima e successivamemnte trasferiti ad Agrigento Potenza e Matera. Una situazione ripetutasi anche sabato 25. A Palermo è risultata positiva una trentenne somala arrivata a Lampedusa. A Pozzallo risultano infetti, invece, due dei 108 disgraziati scaricati a riva dalla nave mercantile Cosmo. Il moltiplicarsi di questi casi ha spinto persino l’ex ministro del Pd Marco Minniti a invocare una maggiore attenzione del governo. "Tutto ciò che è legale è salute e tutto ciò che illegale è pandemia. E al Pd serve un piano sull’accoglienza” - ha detto Minniti in un colloquio con Il Foglio in cui non ha esitato a criticare il suo partito. “C’è una evidente correlazione tra immigrazione e Covid - ha aggiunto Minniti - nel momento in cui tutte le popolazioni del mondo stanno discutendo di lockdown, di mascherine, di distanziamento sociale e, insomma, di come governare i contatti fisici tra le persone, è semplicemente irragionevole ritenere che tutto questo non abbia alcun rapporto con i flussi migratori”.
Insomma anche i settori più responsabili del Pd sono concordi nel denunciare la debacle del governo su uno dei fronti più cruciali nel determinare le scelte elettorali degli italiani. Un fronte cruciale anche quelle elezioni regionali di settembre che minacciano di sancire la definitiva conclusione dell’esperimento giallo-rosso.