A quell’epoca vivevano insieme all’interno di un’unica entità statale, ma già si percepivano i primi focolai di un conflitto che poi effettivamente scoppiò con foga quando crollò l’URSS. Oggi armeni e azeri si sparano l’uno contro l’altro non nella regione del Nagorno-Karabakh, ma molto più a nord. Ad ogni modo, questo conflitto continua a incidere direttamente sugli interessi nazionali della Russia. È probabile che si scateni un conflitto di grande portata nella regione del Caucaso? In tal caso cosa dovrà fare la Russia?
Naturalmente l’Azerbaigian non ha superato la perdita delle proprie terre a maggior ragione dal momento che il Karabakh e gli altri territori rimangono di competenza azera dal punto di vista del diritto internazionale.
Negli ultimi anni la Russia ha tentato diverse volte di riappacificare le sue due ex repubbliche dell’Unione, ma senza alcun risultato. Infatti, le parti coinvolte devono volere trovare un compromesso o almeno fare i primi passi per conseguirlo. Tuttavia, la parte armena non è affatto incline a farlo. Infatti, teme di dover restituire all’Azerbaigian anche parte di quelle regioni dislocate tra il Karabakh e l’Armenia, il che significherebbe fornire al nemico la piazza d’armi per attaccare in futuro il Karabakh. Dal canto suo, invece, l’Azerbaigian è convinto che il tempo giocherà a suo favore. Una popolazione quattro volte più numerosa, un PIL molto superiore, ingenti spese militari e il sostegno, seppur ufficioso, della comunità internazionale sono i motivi per cui l’Azerbaigian ritiene che l’Armenia non potrà mantenere in eterno i territori conquistati. L’Armenia stessa sa bene che il rapporto di forze non gioca a suo favore, ma gli armeni hanno un asso nella manica.
Senza questo jolly già da tempo avremmo assistito a una guerra. Quest’asso nella manica è la Russia. In Armenia, infatti, è dislocata una base militare russa e la repubblica fa parte dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva, ossia è un alleato militare della Russia.
Baku ed Erevan possono chiaramente aspettare quanto vogliono il momento opportuno per avviare una guerra, ma si tratterebbe di un vicolo cieco. Finché esisterà la Russia, non vi sarà alcuna guerra fra di loro. Se non vi fosse la Russia o se la Russia improvvisamente per qualche ragione lasciasse il Caucaso, entrambi i popoli ne rimpiangerebbero amaramente la presenza. Nessun attore esterno sarebbe in grado di assicurare non solo la tregua, ma nemmeno una tregua duratura tra le due repubbliche: infatti, per i player esterni la Transcaucasia sarà sempre e solo un campo di gioco contro le grandi nazioni confinanti, ossia Russia, Turchia e Iran. Ma di queste tre nazioni soltanto la Russia è in grado di fare da garante della pace nella regione: infatti, la stessa Turchia è troppo indifferente nei confronti dell’Azerbaigian.
A tal proposito, come interpretare le dichiarazioni di ieri dei dirigenti turchi? Mentre non sorprende che Erdogan abbia accusato l’Armenia delle recenti tensioni (in realtà sono entrambe le parti ad essere colpevoli), sono però le parole del ministro turco della Difesa Hulusi Akar a rivelarsi alquanto fuori luogo. “Ci porremo a fianco delle forze armate azere, sosterremo i nostri fratelli rispettando il principio una nazione, due Stati”, ha dichiarato il ministro. È davvero difficile interpretare questa come una dichiarazione di pace. Nonostante la vicinanza tra turchi e azeri, Baku non ha bisogno di simili dimostrazioni di solidarietà e aiuto: infatti, per evitare una guerra in Transcaucasia, è sufficiente l’influenza della Russia che consciamente non prende le parti di nessuna dei soggetti coinvolti nel conflitto, evitando così di contribuire alla escalation di quest’ultimo.