Cambio di passo nella strategia adottata dall'Italia per contenere la diffusione del COVID-19. Le autorità sono pronte a intervenire per bloccare la catena di contagi, risalendo ai contatti dei nuovi casi positivi. Questo risultato sarà ottenuto aumentando il numero di tamponi eseguiti e incrociando i dati delle celle telefoniche, per individuare i potenziali asintomatici. Lo ha riferito Walter Ricciardi, epidemiologo dell'Università Cattolica di Roma, consulente del ministero della Salute.
Il metodo coreano
Il metodo è quello adoperato dalla Corea del Sud che ha portato il paese asiatico, sino a un mese fa maggiore focolaio dopo la Cina, con 7.000 casi accertati, a bloccare i contagi, evitare la curva esponenziale e avere un numero contenuto di decessi.
"Il tracciamento dei contatti è la strada che porterà a un contenimento più efficace dei contagi, perciò è essenziale farlo in modo sempre più stringente. Dalla Corea abbiamo tratto insegnamenti", spiega Ricciardi a Quotidiano.net .
Per ogni nuovo caso, verrà attivata la ricerca dei positivi sia tra i membri della famiglia che tra tutte le persone entrate in contatto con il paziente sino alle 48 ore precedenti i primi sintomi. Il monitoraggio delle catene di contatto verrà affidato agli enti locali, sotto il coordinamento dello stato, come prevede la competenza assegnata dalla Costituzione. La ricerca sarà resa possibile dagli strumenti tecnologici ed epidemiologici in questo momento al vaglio, necessari per realizzare il tracciamento violando il meno possibile i diritti civili, come quello alla privacy.
"Stiamo imparando, dicevo, proprio dai coreani, in modo da tracciare meglio i casi sospetti", aggiunge Ricciardi.
Test mirati
Tuttavia non saranno effettuati tamponi a tappeto su tutta la popolazione italiana, ma "al momento non è pensabile, e non è utile, eseguire tamponi di massa", sottolinea Ricciardi. "Il modello coreano - precisa - non è quello di fare tamponi a tutti i suoi 50 milioni di abitanti. Il paese asiatico ne ha fatti 300mila mirati, appunto, ai contatti stretti dei pazienti positivi. È qui che anche noi dobbiamo insistere. Peraltro, i cosiddetti test veloci che sono stati proposti da qualcuno, finora hanno dato anche dei falsi negativi"