Secondo un sondaggio condotto per Sputnik da IFop l’80% degli italiani ritiene che il modello di società attuale non funzioni e che il liberalismo sia in crisi. A trent’anni dalla caduta del muro di Berlino, quando nacque una nuova idea europeista, l’Unione Europea non sembra riflettere i sogni nati in quei giorni di novembre che cambiarono la storia. Perché l’Unione Europea ha fallito?
L’Europa evidentemente non è unita che da un punto di visto economico e burocratico, le élite lontane dai popoli non hanno intercettato i bisogni e le paure dei cittadini europei, dando vita a movimenti populisti e sovranisti. “Le élite con il proprio progetto illuministico in testa hanno costruito l’Europa senza valutare la partecipazione del popolo a questa costruzione”, è l’opinione espressa in un’intervista a Sputnik Italia da Corrado Ocone, filosofo e teorico del liberalismo.
— Secondo il sondaggio l’80% degli italiani non è soddisfatto del modello di società esistente e ritengono il liberalismo in crisi. Corrado Ocone, come commenterebbe questi dati? Secondo lei il liberalismo è davvero in crisi?
— Che gli italiani non siano soddisfatti del modello esistente mi sembra naturale. È difficile oggi che gli occidentali siano soddisfatti del loro ruolo nel mondo, che è sempre più assottigliato o del loro tenore di vita, ancora alto, ma che decresce continuamente. Nel caso italiano vi è un sistema politico in crisi strutturale, è un Paese diviso lungo diverse faglie, che non sono solo quelle fra nord e sud, ma parlo anche di faglie culturali e sociali.
L’insoddisfazione verso il liberalismo è un aspetto che andrebbe articolato. Se intendiamo il liberalismo come cultura politica, in Italia sostanzialmente è sempre stato minoritario. Se intendiamo invece il liberalismo come il modello costituzionale, rappresentativo degli Stati occidentali in Italia la democrazia liberale ha funzionato sempre in un contesto particolare in cui non si è espressa mai con la chiarezza dei Paesi anglosassoni.
Il mio discorso è un po’diverso e si sposta su un livello filosofico: credo che il liberalismo non sia in crisi, è proprio la sua struttura ad essere perennemente in crisi. Per liberalismo intendo la lotta che l’umanità fa per conquistare spazi di libertà. Oggi in Italia paradossalmente alcune forze, che vengono bollate come sovraniste, segnalano la necessità di spezzare alcune catene congetturali, le quali hanno sottratto spazi di libertà al popolo italiano. Catene che, a mio avviso, sono state create da un pensiero egemone non definibile di sinistra nel senso classico.
— Cioè?
— Intendo il pensiero egemone dell’élite, la quale si è posta nei confronti del popolo con un’ottica educativa e pedagogica. L’élite si è ritenuta la miglior parte della società, non ha mai capito il popolo nelle sue esigenze elementari, nei suoi bisogni di sicurezza e di speranza per un futuro migliore. Questa insensibilità nelle classi dirigenti italiane è sicuramente poco liberale. Chi si oppone a questo stato di cose probabilmente non è liberale, ma svolge una funzione liberale, perché spezza delle catene formate negli anni.
— A 30 anni dalla caduta del muro di Berlino l’Europa di oggi riflette i sogni dell’89?
— L’Europa è un’idea in crisi nella sua declinazione politica. L’Unione Europea così com’è stata costruita dall’élite è un’unione senza anima, quindi in politica non si possono costruire progetti duraturi se non c’è un supplemento d’anima, qualcosa che possa appassionare la gente comune e in cui le persone possano credere. In Europa questo non c’è da parecchio tempo, perché si è voluto procedere ad un’unificazione fondata su regole, procedure e direttive. Si tratta di un’unione iper burocratica senza radice spirituale di quello che poteva essere il progetto europeo.
Credo che l’unico elemento identificativo dell’Europa in grado di unire popoli tanto diversi sia la religione cristiana. È stata scelta invece la via delle procedure, dei diritti umani e di altri temi molto astratti. Prendiamo l’ingresso della Turchia in Unione Europea: non è avvenuto perché la Turchia non rispondeva a “determinati parametri”, ma non si è mai posto il vero problema e quindi che il suo ingresso non potesse avvenire perché la Turchia è stata sempre un ponte fra l’Europa cristiana e il mondo arabo musulmano. La Turchia è geneticamente altra cosa rispetto all’Europa.
Se si mettono le procedure davanti allo spirito è logico che poi si ritrova un risultato che non regge sulla lunga distanza. Le élite con il proprio progetto illuministico in testa hanno costruito l’Europa senza valutare la partecipazione del popolo a questa costruzione. Io credo nei valori europei, però nell’Unione Europea questi valori li vedo calpestati. È un progetto politico fallito, ciò non significa che l’Europa non possa cercare forme di collaborazione e di unificazione fra i popoli che la compongono.
— Spesso della crisi dell’Europa si dà la colpa ai sovranismi e populismi. È realmente così o questi movimenti sono una reazione alla globalizzazione sfrenata e alla crisi?
— Il sovranismo è una reazione. C’è da dire che non esiste un unico sovranismo, sono tanti e diversi. In ogni caso segnalano un malessere e una reazione. Non è la sintesi auspicabile, però se mai l’Europa troverà una nuova forza propulsiva la troverà sotto la spinta di questi movimenti. L’Europa non può chiudersi a riccio di fronte a questi movimenti, come a volte sembra voler fare, i problemi non si risolvono mettendoli sotto al tappeto. La capacità che dovrebbe avere l’Europa, anche se oggi mancano dei grandi leader, è quella di prendere sul serio i sovranismi e poi di canalizzare le pulsioni che rappresentano verso delle sintesi migliori.