Secondo l’autore dello studio, Thomas Nordlander, astronomo della Australian National University, si tratterebbe di una vera e propria:
“... macchina del tempo che ci riporta ai tempi della nascita delle prime stelle nell’Universo”
Questa stella, che si trova dall’altra parte della Galassia rispetto a noi, a circa 35 mila anni luce, sarebbe una Gigante Rossa povera di ferro che avrebbe preso forma dopo che la sua ‘genitrice’ stella madre sarebbe esplosa in una Supernova agli albori dei tempi, poco dopo il Big Bang secondo lo studioso e la sua equipe. Gli scienziati si sarebbero accorti dell’anomalia studiando lo spettro delle rediazioni elettromagnetiche emesse dalla stella e accorgendosi che contenevano importanti anomalie.
Le stelle di prima generazione erano prive di nucleo metallico e avevano dimensioni enormi, un centinaio di volte il nostro Sole secondo questa teoria. Poichè erano così grandi avevano anche vita breve dal momento che la massa le portava a collassare su sé stesse ed esplodere in Supernove. Gli astronomi come Nordlander appunto vanno a caccia di quel tipo di stelle, oramai estinte, cercandone le tracce attraverso gli elementi espulsi durante quelle antiche super esplosioni.
Questa Gigante Rossa, denominata SMSS J160540.18-144323.1 e scoperta dal telescopio SkyMapper dell’Osservatorio Siding Spring del Nuovo Galles del Sud, era proprio quello che serviva ai sostenitori di questa teoria delle ‘stelle precoci’.
Al contempo questa stella, secondo lo studio, sarebbe l’erede di una stella ancora più antica sua progenitrice esplosa in una Supernova ma di bassa potenza, tanto che la maggior parte dei suoi elementi pesanti sarebbero ricaduti sul suo stesso nucleo collassato che, col tempo, avrebbe attratto ulteriori polveri e gas fino a ricomporre una massa critica sufficiente a reinnescare la fusione nuclerare e riaccenderla.
Questa Gigante Rossa, definita scherzosamente ‘anemica’ dai ricercatori per via della carenza di ferro, essendo figlia della Supernova precoce che l’ha generata, e contenendo in sé parti del materiale espulso e ricaduto su sè stesso dopo l’espolosione della ‘stella madre’, sarebbe, in questo senso, una macchina del tempo, come dice l’astronomo Nordlander. Ci permette cioè di studiare le prime stelle nate dopo il Big Bang, che non esistono più, proprio grazie alle tracce di queste rimaste ancora nell’Universo. In questo caso le tracce sono nella stella di seconda generazione che, pur antichissima, ha preso il posto della ‘stella madre’ ancora più antica.