Europee, ecco perché questa Ue è un morto che cammina

© AFP 2023 / Daniel MihailescuManifestanti formano la bandiera dell'UE in Romania
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I sovranisti non vincono, ma quella di popolari, socialisti e liberali è una vittoria di Pirro. La sconfitta di Macron umiliato dalla Le Pen e il pensionamento della Merkel mettono fine all’asse franco-tedesco. E dopo l’addio inglese l’Europa si pacca in tre.

Mentre l’Est fa blocco a sé l’Italia di Salvini prepara lo scontro con tedeschi e scandinavi sul fronte di economia e accoglienza.

E’ vero il “sovranismo” per ora non sfonda. Matteo Salvini, grande “matador” del voto italiano non riesce a trascinare nella sua scia quei movimenti sovranisti che in Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia e Spagna conseguono risultati numericamente inferiori alle aspettative. I loro circa 130 seggi, uniti ai 179 del Partito Popolare Europeo, non permetterebbero infatti di superare i 376 voti della soglia di maggioranza garantendo così una coalizione alternativa. Una coalizione che i vertici del Partito Popolare ripetono, peraltro di non volere e non desiderare. Paradossalmente l’unica vera vincitrice, accanto al Capitano, è una Marine Le Pen impegnatasi anima e corpo per regalare al vecchio Front National un’immagine più moderata e inclusiva. Una riconfigurazione iniziata con la trasformazione in “Rassemblement National”, proseguita con la presa di distanze dai vecchi programmi di abbandono dell’Euro e dell’Unione e terminata con la difesa della continuità repubblicana a fronte delle violenze dei “gilet gialli”.

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Proprio quella convergenza verso il centro destra le ha permesso di saccheggiare il bacino elettorale dei vecchi gollisti e in parte del Presidente Emmanuel Macron. Detto questo la mancata vittoria dei sovranisti è ben poca cosa rispetto alla crisi delle cosiddette forze europeiste che celebrano una vittoria di Pirro conseguita sulle rovine del loro progetto di Unione.

Il vero simbolo di questa sconfitta è lo smantellamento di quell’asse franco-tedesco simbolo e cardine dell’Unione Europea di questi ultimi decenni. A Parigi Emmanuel Macron, il Presidente che alla Sorbona e ad Aquisgrana s’era impegnato a rafforzare e rinnovare quest’asse si ritrova abbandonato dagli elettori. E deve fare i conti con un Rassemblement National pronto a resuscitare il vecchio sogno di un’Europa confederata in cui l’identità patriottica si contrappone a quella federale.

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All’altro estremo di quell’asse c’è una Angela Merkel pronta - dopo aver affondato il disegno europeo imponendo austerità e accoglienza indiscriminata - ad abbandonare la scena politica senza lasciarsi dietro lo straccio di un erede. Manfred Weber, l’attuale capogruppo del Partito Popolare all’Europarlamento proposto dalla Cancelliera come Spitzenkandidaten, ovvero come candidato alla presidenza della nuova Commissione Europea, è un leader incolore e poco conosciuto persino in Germania dove - stando ai sondaggi - solo un elettore su quattro è in grado di riconoscerlo e identificarlo. E i risultati di un voto dove Cdu/Csu hanno perso altri 4 punti in percentuale rispetto alle legislative del 2017 segnalano come lo Spitzenkandidaten non abbia garantito il minimo traino alle due formazioni gemelle.

Ma la caduta di Macron, l’imminente pensionamento di Angela Merkel e la candidatura dell’incolore Weber sono anche il simbolo dell’assenza di nuovi leader capaci di guidare la rinascita di questa Unione Europea. Salvini può sperare di diventare, in un prossimo futuro, il portabandiera di un disegno europeo capace di coinvolgere su temi come economia ed immigrazione sia la Francia di Marine Le Pen sia il blocco dell’est guidato dall’ungherese Victor Orban e dal polacco Jarosław Kaczyński. Nei palazzi di Bruxelles non s’intravvede, invece, l’ombra di un potenziale uomo nuovo capace d’invertire la rotta e sottrare l’Unione al controllo di burocrati ed elites.

E a rendere più complicato lo scenario della vecchia Unione contribuisce l’ascesa dell’ondata verde. Un’ondata che contribuirà a dividere una sinistra europea costretta a far i conti con l’esodo di un elettorato tradizionale sconcertato dalle politiche elitarie e neo-liberiste perseguite in Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna. Sotto i colpi dell’ondata neo-ambientalista la cosiddetta “coalizione degli sconfitti” - formata da popolari, socialisti e liberali, e allargata forse agli stessi “verdi” - ben difficilmente riuscirà a dar vita a politiche coerenti e continuative.

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Molto più probabilmente si ritroverà prigioniera di politiche di basso cabotaggio dettate dalle necessita di sopravvivenza e ispirate quindi da inevitabili e limitativi compromessi. A tutto questo va aggiunta la sostanziale frantumazione geopolitica dell’Unione Europea. Abbandonato definitivamente dalla Gran Bretagna - pronta ad andarsene entro la fine di ottobre - il resto dell’Europa si ritroverà spaccato sia sull’asse nord-sud che su quello est-ovest. I contrasti sulle politiche economiche e monetarie promettono di portare alle estreme conseguenze lo scontro tra l’asse del nord rappresentato da Germania e paesi scandinavi e l’asse del sud dove l’Italia di Salvini rappresenta il principale ostacolo alla sopravvivenza del “fiscal compact” e delle politiche di austerità varate nel 2012 su richiesta della Germania di Angela Merkel. Sul fronte orientale si acuirà lo scontro con l’Ungheria, la Polonia e tutto quel blocco di Visegrad poco disposto ad assecondare le politiche migratorie imposte ai popolari da socialisti, verdi e liberali.

La vittoria di Pirro del Ppe promette insomma di consegnarci un’Unione Europea al crepuscolo. Un’Europa pronta a sfaldarsi non per i colpi dei sovranisti, ma per la naturale consunzione di progetto politico privo di leader capaci di restaurarlo e rinnovarlo. Il nuovo Europarlamento non sembra insomma il cenacolo di nuova Europa, ma, piuttosto, il suo ultimo e malinconico capezzale. 

L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della redazione.

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