Mentre l’Est fa blocco a sé l’Italia di Salvini prepara lo scontro con tedeschi e scandinavi sul fronte di economia e accoglienza.
E’ vero il “sovranismo” per ora non sfonda. Matteo Salvini, grande “matador” del voto italiano non riesce a trascinare nella sua scia quei movimenti sovranisti che in Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia e Spagna conseguono risultati numericamente inferiori alle aspettative. I loro circa 130 seggi, uniti ai 179 del Partito Popolare Europeo, non permetterebbero infatti di superare i 376 voti della soglia di maggioranza garantendo così una coalizione alternativa. Una coalizione che i vertici del Partito Popolare ripetono, peraltro di non volere e non desiderare. Paradossalmente l’unica vera vincitrice, accanto al Capitano, è una Marine Le Pen impegnatasi anima e corpo per regalare al vecchio Front National un’immagine più moderata e inclusiva. Una riconfigurazione iniziata con la trasformazione in “Rassemblement National”, proseguita con la presa di distanze dai vecchi programmi di abbandono dell’Euro e dell’Unione e terminata con la difesa della continuità repubblicana a fronte delle violenze dei “gilet gialli”.
Il vero simbolo di questa sconfitta è lo smantellamento di quell’asse franco-tedesco simbolo e cardine dell’Unione Europea di questi ultimi decenni. A Parigi Emmanuel Macron, il Presidente che alla Sorbona e ad Aquisgrana s’era impegnato a rafforzare e rinnovare quest’asse si ritrova abbandonato dagli elettori. E deve fare i conti con un Rassemblement National pronto a resuscitare il vecchio sogno di un’Europa confederata in cui l’identità patriottica si contrappone a quella federale.
Ma la caduta di Macron, l’imminente pensionamento di Angela Merkel e la candidatura dell’incolore Weber sono anche il simbolo dell’assenza di nuovi leader capaci di guidare la rinascita di questa Unione Europea. Salvini può sperare di diventare, in un prossimo futuro, il portabandiera di un disegno europeo capace di coinvolgere su temi come economia ed immigrazione sia la Francia di Marine Le Pen sia il blocco dell’est guidato dall’ungherese Victor Orban e dal polacco Jarosław Kaczyński. Nei palazzi di Bruxelles non s’intravvede, invece, l’ombra di un potenziale uomo nuovo capace d’invertire la rotta e sottrare l’Unione al controllo di burocrati ed elites.
E a rendere più complicato lo scenario della vecchia Unione contribuisce l’ascesa dell’ondata verde. Un’ondata che contribuirà a dividere una sinistra europea costretta a far i conti con l’esodo di un elettorato tradizionale sconcertato dalle politiche elitarie e neo-liberiste perseguite in Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna. Sotto i colpi dell’ondata neo-ambientalista la cosiddetta “coalizione degli sconfitti” - formata da popolari, socialisti e liberali, e allargata forse agli stessi “verdi” - ben difficilmente riuscirà a dar vita a politiche coerenti e continuative.
GUARDARE PER CREDERE: il canale YOUTUBE di Sputnik Italia
La vittoria di Pirro del Ppe promette insomma di consegnarci un’Unione Europea al crepuscolo. Un’Europa pronta a sfaldarsi non per i colpi dei sovranisti, ma per la naturale consunzione di progetto politico privo di leader capaci di restaurarlo e rinnovarlo. Il nuovo Europarlamento non sembra insomma il cenacolo di nuova Europa, ma, piuttosto, il suo ultimo e malinconico capezzale.
L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della redazione.