Al G8 del 2009, svoltosi all’Aquila, i big promisero di aiutare a ricostruire la città colpita dal sisma, purtroppo molti di loro non passarono ai fatti, è il caso degli USA, ma anche dell’Inghilterra e della Spagna. A mantenere la promessa furono i russi, i kazaki, i francesi e i tedeschi. Gli aiuti arrivarono anche da Giappone, Australia, Canada, Israele, Sultanato del Brunei ed Estonia.
In quale stato si trova a dieci anni dal terremoto la città dell’Aquila? Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista Alfredo Ranieri Montuori, vice presidente dell’Associazione no profit “L’Aquila siamo noi”, impegnata a valorizzare all’estero le eccellenze della città.
— Alfredo Ranieri Montuori, come nasce la vostra associazione?
— L’Aquila siamo tutti noi che amiamo L’Aquila, non solo gli abitanti della città, ma anche i cittadini nel resto d’Italia e in altri Paesi. In questi 10 anni abbiamo avuto la riprova di grande attenzione e amore nei confronti della città dell’Aquila. L’associazione nasce nel settembre del 2009, a pochi mesi di distanza dal terremoto dall’iniziativa di semplici cittadini.
Una volta ripresi dallo shock del terremoto abbiamo pensato che non era possibile fermarsi a compiangere la situazione, dovevamo trovare un modo per reagire a quello che era successo. L’obiettivo dell’associazione è di valorizzare e proporre al di fuori dell’Aquila le eccellenze artistiche, musicali, storiche e architettoniche della nostra città per instaurare dei rapporti culturali e spezzare l’isolamento, data la nostra posizione in mezzo alle montagne. La ricostruzione materiale è fondamentale, la cultura però gioca un ruolo essenziale anche nel tenere unita una comunità e preservare la sua identità. Questo anche per invogliare flussi turistici e rivitalizzare la città.
— In quale stato si trova L’Aquila dopo i 10 anni dal terremoto? Quanto c’è ancora da ricostruire?
— Per quanto riguarda la periferia la ricostruzione è quasi completata, circa un 80% è stato demolito e ricostruito. Più complessa è la situazione del centro storico, proprio la monumentalità dei palazzi ha determinato le complessità della ricostruzione. Subito dopo il terremoto c’è stato un periodo di un anno e mezzo di pura emergenza, dopo si è pensato alla ricostruzione, che ha stentato molto a partire per questioni burocratiche. Quindi per quanto riguarda il centro siamo alla metà – ai due terzi del lavoro. Per avere la città completa credo ci vogliano minino ancora 7-8 anni.
— La città con il suo tessuto economico commerciale è riuscita a ripartire?
— All’Ambasciata russa di Roma si è svolta la commemorazione delle vittime del terremoto. Qual è stato il contributo della Russia nella ricostruzione dell’Aquila?
— Noi aquilani dobbiamo essere grati alla Federazione Russa in primis, perché è la nazione che si è più impegnata anche economicamente per il recupero dell’Aquila. Nella nostra città ci fu il G8 subito dopo il terremoto, in quell’occasione quasi tutte le nazioni presero l’impegno di contribuire alla ricostruzione di qualche monumento. La Russia ha mantenuto quest’impegno: ha restaurato con i fondi del governo russo il Palazzo rinascimentale Ardinghelli in Piazza Santa Maria Paganica e ha contribuito a recuperare la Chiesa di San Gregorio Magno, totalmente distrutta dal terremoto. Questi restauri hanno comportato una spesa di oltre 9 milioni e mezzo di euro. Ora è in atto un progetto per aprire nel Palazzo Ardinghelli una filiale del museo MAXXI di Roma.
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