Terra in pericolo: catastrofe causata dal riscaldamento globale

© NASA . Scott KellyUna foto della Terra presa dall'ISS
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Gli esperti dell’ONU sono giunti alla conclusione che non si possano evitare il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici in Artide nemmeno nel caso in cui l’umanità rinsavisse tutto d’un tratto. Tuttavia, né la Russia né i Paesi occidentali stanno profondendo maggiori sforzi per impedire che la situazione già grave peggiori ulteriormente. Sputnik vi spiega quali prove portino gli scienziati, cosa stia succedendo adesso al pianeta e cosa ci attenderà in futuro.

Sputnik vi spiega quali prove portino gli scienziati, cosa stia succedendo adesso al pianeta e cosa ci attenderà in futuro.

A marzo l’ONU ha presentato un'apocalittica relazione sul futuro della Terra. Nel documento si sottolineano le speranze dell’umanità di prevenire le terribili conseguenze del riscaldamento climatico. Gli esperti sono giunti alla conclusione che, anche se gli Accordi di Parigi sul clima del 2015 venissero d’un tratto osservati (cosa praticamente impossibile), non riusciremmo ad evitare l’aumento di 1,5 gradi della temperatura mondiale. Inoltre, è altamente probabile che l’umanità non riesca a prevenirne l’aumento di 2 gradi. L’uomo dovrà abituarsi a vivere in un mondo sempre più caldo già nei prossimi decenni. Catastrofe ambientale è l’unico modo per descrivere questo fenomeno.

La regione più vulnerabile della Terra è l’Artide, ma i cambiamenti in atto riguardano il clima di tutto l’Emisfero boreale. Gli esperti hanno concluso che le temperature invernali in quest’area aumenteranno di 3-5 gradi entro il 2050 e di 5-9 gradi entro il 2080. Di conseguenza, le regioni polari perderanno buona parte dei loro ghiacci e il livello degli oceani si innalzerà ovunque sulla Terra.

Poniamo che accada un miracolo e ad un certo punto tutte le sorgenti di gas serra (automobili, fabbriche e centrali termoelettriche) smettano di emettere CO2. In tal caso, entro il 2100 le temperature invernali aumenteranno comunque di 4-5 gradi rispetto al XX secolo a causa dell’effetto ritardato del carbonio già emesso nell’atmosfera.

Secondo la relazione, le popolazioni autoctone dell’Estremo Nord, il 70% delle quali vive in Russia, stanno già iniziando ad affrontare le prime manifestazioni della crisi alimentare prodottasi in seguito all’influenza negativa dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi locali. Entro il 2050 lo scioglimento del permafrost rappresenterà una minaccia per 4 milioni di persone e per buona parte delle infrastrutture nella regione circostante il Polo.

A partire dal 1979 i ghiacci dell’Artide si sono ridotti del 40% e le simulazioni prevedono che con gli attuali ritmi di emissione di CO2 entro il 2030 d’estate in Artide non ci sarà più ghiaccio. Lo scioglimento dei ghiacciai e della calotta polare in Groenlandia contribuirà all’innalzamento del livello degli oceani. Ma se si fermassero le emissioni la situazione non migliorerebbe sensibilmente: il permafrost si ridurrebbe comunque del 45% rispetto alla situazione attuale. Si tratta di un’enorme bomba ambientale a scoppio ritardato innescata da 1672 miliardi di tonnellate di CO2.

Per gli abitanti marittimi dell’Artide sarà ancora più difficile. Infatti, l’acqua fredda trattiene più CO2 e lo scioglimento dei ghiacci ne aumenterà l’acidità. Dall’inizio della rivoluzione industriale gli oceani si sono acidificati del 30% in più. Più acida è l’acqua, più è l’energia che perdono i coralli artici, i ricci di mare e il plancton nella formazione delle conchiglie e delle strutture in silicio.

Nonostante l’acceso dibattito pubblico su questo tema più del 90% dei ricercatori da tempo ha concluso che il riscaldamento globale è un fenomeno reale e la sua causa scatenante è l’attività antropica. Tuttavia, i funzionari statali non vogliono dare retta agli esperti, mentre gli scettici, che adducono argomentazioni da tempo confutate, ma ancora popolari, non fanno che confondere ancor di più la situazione.

Dove sono le prove?

È piuttosto complicato determinare la causa dei cambiamenti climatici, ma grazie a numerosi studi scientifici abbiamo ottenuto una serie di prove inconfutabili riguardo all’influenza dell’attività antropica. È noto che l’utilizzo dei combustibili porti all’emissione annuale di 8 miliardi di tonnellate di carbonio (30 miliardi di tonnellate di CO2). Questo supera di circa 100 volte anche le previsioni più pessimiste della quota di emissioni annuali massime prodotte da un vulcano. Inoltre, a causa dell’acidificazione del carbonio diminuisce la concentrazione di ossigeno nell’aria, come hanno dimostrato i ricercatori dello Scripps Institute of Oceanography negli USA.

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Gli scienziati, inoltre, hanno appurato che nell’atmosfera sta aumentando la concentrazione proprio di quel carbonio che era contenuto nei combustibili fossili. Infatti, esistono diverse tipologie di carbonio: gli isotopi carbonio-12 e carbonio-13. Il primo ha 6 neutroni, il secondo 7. I vegetali hanno un minore coefficiente C13/C12 dell’atmosfera e proprio sulla base di vegetali nell’antichità si sono formati i combustibili fossili. Dunque, in sede di combustione di questi il coefficiente C13/C12 nell’atmosfera diminuisce. È proprio quello che hanno scoperto i ricercatori con l’ausilio di uno spettrometro di massa. 

I dati raccolti dai satelliti dimostrano che dal 1970 al 1996 gli strati superficiali dell’atmosfera terrestre hanno cominciato a emettere una quantità inferiore di radiazioni calde con una determinata lunghezza d’onda (12-17 micrometri) che viene assorbita dalla CO2.

Le misurazioni hanno evidenziato che il calore perso ritorna in superficie e la riscalda. Secondo gli scienziati, questi dati confutano le argomentazioni degli scettici i quali sostengono che non esistano prove del legame tra aumento della concentrazione di CO2 e riscaldamento globale.

Dunque, ciò dimostra che proprio le emissioni industriali causano un aumento di CO2 nell’atmosfera terrestre e aggravano l’effetto serra. A favore dell’effetto serra vi è anche il fatto che le temperature medie notturne con gli anni stanno aumentando più velocemente di quelle diurne, il che confuta la tesi dell’influenza del Sole. Inoltre, si sta verificando un raffreddamento della stratosfera, mentre la troposfera si riscalda. A causa della dilatazione termica dei gas si osserva un ampliamento del divario tra troposfera e stratosfera. In tali condizioni si dovrebbe anche verificare una compressione della ionosfera, il che è già stato confermato.

Peggio di un asteroide

Il clima cambiava anche in passato e la causa scatenante era proprio la CO2. Quando ce n’era di più, si riscaldava e viceversa. Il susseguirsi delle ere glaciali, i massimi termici e altri cambiamenti paleoclimatici hanno sempre causato drastici cambiamenti sull’ambiente, come l’estinzione di molte specie animali. Il problema è che adesso i ritmi di emissione della CO2 sono molto maggiori di quelli dei processi naturali prodottisi in passato.

Solamente poche volte nel corso della storia è successo quello che stiamo osservando ora: alla fine del Permiano, alla fine del Triassico e a metà del Cambriano. In ognuno di questi casi si sono verificate eruzioni così forti da superare la caduta di un asteroide per le loro conseguenze distruttive. Infatti, hanno causato grandi estinzioni (fino alla scomparsa del 90% delle specie viventi).

Uno sguardo al futuro

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Per prevedere la situazione futura, gli scienziati impiegano modelli climatici, ovvero descrizioni matematiche dell’interazione tra atmosfera, oceano, superficie terrestre, ghiacciai e radiazione solare. Questi modelli non possono prevedere se il prossimo anno sarà caldo o freddo, ma permettono di determinare una tendenza media per le decine e centinaia di anni a venire. L’affidabilità di un modello matematico è determinata dalla sua capacità di prevedere ciò che già è accaduto. Se riproducono fedelmente il passato, è lecito supporre che saranno affidabili anche in futuro.

Come si evince dalle relazioni del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) i modelli che non tengono in conto l’aumento antropogenico della concentrazione di CO2 nell’atmosfera non corrispondono a ciò che osserviamo oggi.

In un articolo pubblicato su Nature Climate Change nel 2014 l’IPCC ha dimostrato che corrispondono alle osservazioni su un periodo quindicennale quei modelli che tengono in considerazione l’influenza antropogenica e le fasi attuali di variabilità naturale (cfr. El Niño). Per questo, alcune previsioni rivalutano l’aumento della temperatura solamente per gli ultimi anni e non di più.

Si consideri che le previsioni sottostimano le conseguenze future del fenomeno: infatti, quelle dell’IPCC danno una visione più rosea della situazione reale. I dati ottenuti dai satelliti mostrano che l’innalzamento del livello dei mari sta avvenendo a una velocità maggiore di quanto si pensasse. In maniera analoga, i ghiacci si sciolgono del 40% in più di quanto si prevedesse.

Le prime vittime

Con i cambiamenti climatici sono comparse anche le prime vere vittime del riscaldamento globale. Poiché il calore del Sole viene trattenuto nell’atmosfera terrestre, l’energia di quest’ultima aumenta. Questo contribuisce all’aumento delle catastrofi naturali come uragani, inondazioni, siccità e ondate di caldo.

Esperti e funzionari australiani hanno stabilito che la Melomys rubicola è stata la prima specie ad essersi estinta a causa del cambiamento climatico. Le sempre più violenti tempeste e inondazioni hanno allagato gli habitat di quest’animale nella piccola barriera corallina Bramble Cay nello Stretto di Torres. Questi mammiferi sono stati avvistati per l’ultima volta nel 2009. In media sulla Terra si è registrato un innalzamento del livello dei mari di 20 cm (dal 1901 al 2010), ma dalla metà degli anni ’90 nello Stretto di Torres questo processo si verifica a una velocità doppia rispetto al resto del mondo.

Le violenti tempeste hanno cancellato dalla faccia della Terra anche East Island, un’isola dell’Arcipelago delle Hawaii, durante l’uragano Walaka. Questa striscia di terraferma lunga un chilometro e larga 120 metri era di grande importanza per la sopravvivenza delle foche monache e delle tartarughe marine verdi in via di estinzione.

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Tuttavia, non sono solo gli animali ad essere vittime del riscaldamento globale. Secondo una relazione dell’organizzazione religiosa Christian Aid, le condizioni climatiche estreme, legate al cambiamento climatico, hanno già mietuto migliaia di vittime e arrecato un danno economico pari a decine di miliardi di dollari. L’uragano Florence, abbattutosi sulla costa sud-orientale degli USA, ha portato con sé nubifragi che sono stati del 50% più distruttivi rispetto al solito a causa del cambiamento climatico. L’inondazione in Giappone ha portato via 230 persone e il conseguente tifone Jebi altre 17. In tutto il mondo imperversano l’afa e la siccità che si presentano con una probabilità di 30 volte maggiore a causa dell’aumento delle temperature medie. Sono stati registrati più di 60 morti per ondate di caldo in Giappone, circa 70 in Canada e alcune decine in Europa. Senza contare le migliaia di persone finite in ospedale perché si sono sentite male.

Secondo Noah Diffenbaugh, professore dell’Università di Stanford, gli incendi boschivi in California del 2018, oltre ad aver fatto 104 vittime e causato un danno per 3,5 miliardi di dollari, sono stati causati da condizioni climatiche sfavorevoli come l’aumento della temperatura e la riduzione delle precipitazioni. Perciò, il luogo è diventato più secco e vulnerabile alla propagazione delle fiamme. I ricercatori concordano sul fatto che il riscaldamento globale sia il principale responsabile di quella catastrofe naturale.

E infine, nel 2015 sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences è comparso un articolo secondo il quale le siccità del periodo 2007-2010 sono state uno dei fattori scatenanti della guerra in Siria. La mancanza di umidità, la più grave in tutta lo storico delle osservazioni, ha contribuito alla perdita dei raccolti e alla migrazione in massa degli agricoltori nelle città dove già si registrava una forte pressione sociale a causa alla presenza dei profughi iracheni. Questo portò all’aumento dei sentimenti rivoluzionari e, infine, al conflitto armato. Considerato che, secondo le simulazioni, le siccità peggioreranno, le migrazioni diventeranno un fenomeno di portata globale. Questo non farà altro che peggiorare la già tesa situazione geopolitica.

È un vero fiasco

Il 15 marzo 2019 decine di migliaia di studenti in tutto il mondo e anche in Russia sono scesi in piazza per protestare contro la negligenza dei funzionari di diversi Paesi riguardo al problema del riscaldamento globale. Sebbene gli scienziati già da 30 anni ammoniscano circa la colpa dell’uomo nei cambiamenti climatici, le emissioni di natura industriale negli ultimi anni hanno toccato valori record. Gli scioperi sono stati ispirati da Greta Thunberg, un’attivista politica svedese di 16 anni che è stata nominata al Premio Nobel per la Pace. In particolare, i giovani richiedono che i loro Paesi si impegnino per interrompere l’aumento della temperatura globale di 1,5°.

Tuttavia, ad ascoltare i climatologi sono in pochi persino tra gli scienziati. Ad esempio, l’Accademia russa delle scienze nel 2018 ha raccomandato di non ratificare l’Accordo di Parigi sul clima per una serie di ragioni come “la significativa vaghezza nelle stime sul cambiamento climatico, la mancanza di un’opinione univoca a livello russo e mondiale sulle ragioni del riscaldamento globale”.

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Questo in un momento in cui i climatologi russi sottolineano che la ragione del riscaldamento globale sono proprio le emissioni antropiche di gas serra e che i cambiamenti climatici per il nostro pianeta non rappresentano alcun vantaggio, ma solamente dei danni. Nessuno ha interrotto lo scioglimento di grandi aree di permafrost in Siberia o nell’Estremo Nord e nemmeno l’erosione dei terreni fertili. Dunque, né gli esperti russi né quelli di altri Paesi dubitano dell’esistenza di un problema. Il rifiuto dell’Accademia russa delle scienze di riconoscerlo può essere definito come un fallimento della scienza nazionale russa.

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