Bisogna partire da Mid-term. I risultati elettorali non sono stati favorevoli a Trump e ci sono molte ragioni per ritenere che il Presidente possa ora essere costretto a rinunciare ad alcuni degli aspetti meno condivisi della sua politica. La riconciliazione con la Russia non è particolarmente popolare tra gli americani e per restare alla Casa Bianca dopo il 2020 il tycoon dovrà recuperare nei prossimi due anni almeno parte di uno svantaggio nel voto popolare che ammonta ormai ad otto milioni di voti. Nulla di strano, quindi, che qualcuno abbia pensato di testarne subito la determinazione ad andare avanti nel dialogo con il presidente Putin.
Gli incidenti occorsi nelle acque del Mar Nero antistanti il ponte di Kerch possono essere messi in rapporto anche con l'avvicinarsi del summit europeo in cui si rinnoveranno formalmente le sanzioni decretate ai danni della Russia all'indomani dell'accessione della Crimea al territorio federale russo.
A tutto questo, si sommano le preoccupazioni interne del presidente Poroshenko, la cui rielezione il prossimo anno è tutt'altro che certa e potrebbe anche immaginare di recuperare consensi attraverso la drammatizzazione del confronto con la Russia, che però dovrebbe arrestarsi al di sotto della soglia che comporterebbe l'avvio di uno scontro militare. I costi di una guerra potrebbero infatti superare, e di molto, qualsiasi guadagno ipotizzabile. La miscela è quindi esplosiva.
Ma la posta in palio è comunque molto alta: sono infatti in ballo gli obiettivi strategici della presidenza Trump e, a cascata, il futuro delle relazioni tra Washington e Mosca, l'avvenire economico dei rapporti tra Europa e Russia nonché la carriera del capo dello Stato ucraino. Ancora una volta, attorno alla penisola di Crimea si giocano partite geopolitiche di grande portata, da affrontare nel modo meno emotivo possibile.
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