Questa è una citazione dal libro di Lev Belousov, Mussolini: dittatura e demagogia, ristampato in due edizioni dal 2016, ma resta tuttora difficile da comprare.

Autore di numerose monografie e professore alla facoltà di storia dell'Università statale di Mosca Lomonosov, Lev Belousov attraverso la biografia di Benito Mussolini ha raccontato ai lettori russi le ragioni della nascita, del successo e del fallimento del primo regime fascista della storia.

Il Duce è stato un dittatore e un grande demagogo e rimarrà nella storia mondiale il creatore del movimento del Fascismo, termine con cui dalla maggior parte dei cittadini dell'URSS durante la Seconda guerra mondiale e successivamente dagli stessi russi viene definito il nazionalsocialismo di Hitler.
"Voglio che l'Italia sia grande, rispettata e che incuta timore. Così Mussolini diceva a Ludwig nel 1932. Tredici anni dopo il Paese fu distrutto dalla guerra, sconfitto e umiliato dal fascismo", — un'altra citazione dal libro del professor Belousov.
Sputnik Italia ha chiesto al professore come è nata l'idea di scrivere questo libro e quali sono i leader di cui, secondo lui, ha bisogno la nostra società in questo secolo.
— Professore, perché ha deciso di scrivere proprio ora un libro su Mussolini per il pubblico russo?
Dunque al centro dei miei studi vi fu la figura di Mussolini sulla quale in URSS non si sapeva nulla. Sentii che la figura del Duce sarebbe stata al 100% d'interesse per i lettori russi, come del resto lo era a me in prima persona. Raccolsi molti materiali e scrissi il primo libro che uscì nel 1993 ed ebbe subito successo. Dopodiché mi interessai al tema del totalitarismo e, più precisamente, ai rapporti tra le masse e il Duce, per capire come queste due forze interagiscono.
— Come si è sviluppato il Suo interesse per il tema del totalitarismo nella nuova Russia?
— Sono passati 23 anni. In questo periodo in Russia sono state pubblicate altre monografie su Mussolini, essenzialmente in traduzione, e le memorie di Claretta Petacci. Il mio libro divenne introvabile.
Capii che c'era una certa domanda nella società russa: c'era interesse per una grande personalità, foss'anche negativa. Il XX secolo è il secolo delle masse. Per la prima volta nella storia le masse sono diventate soggetto di sviluppo storico. Se prima vi erano regimi autoritari ed era l'élite politica a detenere il potere, facendo affidamento solo sull'establishment, dopo la Prima guerra mondiale questo sistema cessò di funzionare: le masse erano armate dopo la guerra e pronte ad impiegare la violenza. Le masse conquistarono il diritto di voto, comparvero partiti politici di massa e accadde che le masse potevano davvero influire sul sistema politico. Dunque, bisognava occuparsi anche di queste masse.
Il Italia fascismo e il Duce fecero leva sui concetti di nuova giovane Italia e di rinascita della grandezza passata. Mussolini fu un brillante giornalista e un grande demagogo. Inoltre, era dotato di un sorprendente fiuto politico. Riusciva ad esprimere perfettamente cosa serviva all'uomo comune in maniera comprensibile. Bisogna tener presente la situazione storica in cui il Duce arrivò al potere: un periodo di totale instabilità in seguito alla guerra, distruzione totale, crollo di ogni speranza. Improvvisamente compare un uomo che dice "Conosco la strada che porta al sole", "So come ristabilire nel Paese l'uguaglianza sociale". Il programma dei fascisti colpiva nel segno tutti i gruppi sociali e tutti trovavano risposta a ciò che cercavano. Non tutta l'Italia lo sosteneva, ma l'opposizione era debole. Il Duce era un brillante organizzatore, un maestro delle manovre politiche e non era irremovibile. In altre parole, parlando dell'ideologia di Mussolini, si può dire che si destreggiava fra diverse idee a seconda della necessità.
— Quanto sono attuali le Sue valutazioni sulla personalità di Mussolini e come può questa figura tanto studiata nel Suo libro interessare la società russa o italiana?
— Oggi viviamo in un altro mondo. Mentre preparavo il libro su Mussolini, sul sistema totalitario, scrivevo di un periodo in cui le autorità italiane volevano tramutare la società in un gregge. Anche il Duce utilizzava questo termine: "un gregge di pecore che va guidato". Ma oggi può comparire un leader politico che decide di perseguire questo obiettivo? È verosimile che una società democratica si tramuti in una massa negando la propria libertà individuale? Il Duce parlava proprio di questo. Ma io credo che oggi le cose siano diverse. Non a caso il partito neofascista Alleanza Nazionale ha smesso di esistere ed è diventato parte della destra. Penso che nella storia italiana ed europea questo periodo sia davvero confluito nel passato. La società di oggi è totalmente diversa e non può accettare certe idee. Sono sicuro che in Italia non potrà ripetersi niente di simile al ducismo.
Ora stiamo imparando a valutare questa figura da diversi punti di vista. Il marxismo in URSS aveva un rapporto univoco con il regime fascista. Ma nella nuova Russia ha espresso un pensiero molto intelligente lo storico Boris Lopukhov, autore di una storia del regime fascista italiano: "Tutto fu molto più complicato e ambiguo".
Non penso che opere come la mia possano dare qualcosa di nuovo agli italiani, ma per i russi potrebbero essere una scoperta.
— Si può dire che l'Italia e i suoi politici abbiano imparato le lezioni che la storia ha dato loro durante il periodo mussoliniano e che nessuno si dichiarerà più leader nazionale?
— L'Italia oggi è un altro Paese. Salvini, ad esempio, non dirà di sé che è il nuovo leader nazionale ed ha sempre ragione, mentre il Duce lo diceva. Salvini ha un punto di vista con cui si può discutere, mentre con il Duce non era ammesso discutere. I parallelismi tra Salvini e il Duce non hanno niente a che vedere con la storia. Si tratta di problemi e di figure diversi.
Per il Duce la dominante principale era il potere che gli serviva per realizzare ciò che riteneva giusto. Il potere ad ogni costo. La percezione di una missione personale per cui il Duce è un dono del destino all'Italia e per questo non può sbagliare. Il Duce ha sempre ragione.
A me interessava molto capire come le persone si relazionassero con tutto ciò. Per questo ho lavorato molto sui documenti degli archivi, in particolare sui rapporti della polizia, degli ascoltatori che erano ovunque. Nei rapporti dei questori salta all'occhio come nella società stava maturando un rigetto, una contrapposizione a Mussolini. Non a caso dopo la guerra i comunisti furono la forza antifascista più potente in Italia.
Loro non vogliono fare politica, ma vogliono cambiare la società. Quindi gli tocca comunque fare politica. Ed è qui che si palesa la contraddizione di questo movimento. Una nuova spirale del nuovo secolo.
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