Per lo meno di questo discute tutto il gossip nazionale: talk show, radio, giornali non parlano che delle due cene che potrebbero (nel primo caso), o avrebbero potuto (nel secondo caso) decidere (forse) il destino del governo e dell'opposizione.
Ci riferiamo, come forse è noto, alla cena di Arcore tra Berlusconi, ospitante, e Salvini, ospitato (questa è la prima delle due cene, quella andata in porto) e quella a casa di Calenda, con invitati Renzi, Gentiloni, Minniti (e questa non c'è stata, è andata deserta, fallita, non si è mangiato, né bevuto). Anzi gli ospiti proprio non sono arrivati. O, forse, l'ospitante ha dato forfait e se n'è andato. O qualunque altra variante.
Però nessuno di costoro, sette mesi dopo quel disastro, che ha segnato la fine della seconda repubblica, è riuscito fino ad ora a fare una seria riflessione sulle cause. Mentre resta il fatto, evidente, che il nuovo governo — una specie di Frankestein, sorto dal nulla attraverso l'incontro "impossibile" tra due partiti, Lega di Salvini e 5Stelle di Di Maio, che hanno fatto la campagna elettorale combattendosi con tutti i mezzi — continua a godere, tra gli elettori, abbastanza stabilmente, del consenso aggregato del 60%, uno dei più alti dell'intera storia repubblicana.
Adesso, a parti invertite, Salvini si presenta sulla scena come il barbaro condottiero, capo dei Galli, Brenno che conquistò Roma nel IV secolo avanti Cristo, gettando poi sulla bilancia la sua spada: guai ai vinti! Intendendosi come vinti sia il Partito Democratico, sia Forza Italia. Uno nemico da sgominare, l'altro preda da mangiare. Infatti Silvio Berlusconi ha tutto da temere da un confronto elettorale imminente, sia esso elezioni anticipate, sia le europee del 2019. In entrambi i casi, sic stantibus rebus, Forza Italia rischia di essere, appunto, fagocitata quasi interamente dalla Lega.
Ma qui si apre un altro problema per il governo. Fino a ieri Luigi Di Maio aveva fatto capire di non volersi interessare della presidenza della RAI, accontentandosi del posto già acquisito con la nomina dell'amministratore delegato Fabrizio Salini (proposto appunto dei 5Stelle). Ma il patto che si delinea tra Salvini e Berlusconi potrebbe significare che sarà impedito (con l'avallo di Salvini) un riequilibrio del sistema pubblicitario, cui invece puntano ii 5 Stelle e che imporrebbe un tetto alla posizione di predominio di Mediaset. L'annuncio era venuto, qualche giorno fa, dal sottosegretario con delega all'editoria, Vito Crimi, provocando acuti spasimi di terrore in sede Mediaset, cioè a casa Berlusconi. Luigi Di Maio ha subito messo uno stop, escludendo anche che Berlusconi possa "mettere le mani sulla Rai", o avere "reti e telegiornali". Cioè annunciando che potrebbe non appoggiare la nomina di Foa, facendo mancare i voti 5Stelle. Potrebbe essere uno di quei granelli — per altro molto importante — che fanno andare in panne tutta la macchina.
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