Gli avvisi di garanzia che la magistratura genovese ha equamente distribuito tra Società Autostrade e alti funzionari di diverse agenzie dello Stato, dopo la tragedia del Ponte sul Polcevera, stanno mettendo sotto gli occhi del grande pubblico una verità molto importante e che, si spera, sarà assimilata dalla maggioranza del popolo. E cioè che era del tutto falsa la storiella che bisognava privatizzare perché "pubblico è male, è inefficienza, è corruzione", mentre "privato è tutto il contrario".
Ma la verità che sta emergendo è perfino peggiore di quella semplice di cui stiamo parlando. Il fatto è che ora possiamo vedere come lo Stato italiano, attraverso i suoi funzionari infedeli (a molti livelli), si sia svenduto ai privati anch'esso, in quanto Stato. Chi è andato a guardare le modalità con cui sono stati privatizzati oltre tremila chilometri di autostrade italiane si trova incredulo a metà strada tra il raccapriccio, l'incredulità e l'indignazione.
Scoprendo che la convenzione tra lo Stato e la Società autostrade prevede clausole che esentano il privato dalle conseguenze economiche e di ogni altro genere di violazioni contrattuali, di inadempienze, di danni da esso provocati alla collettività e ai singoli, cioè all'interesse pubblico. L'esenzione è preventiva, a prescindere. Anche se il concessionario si rivelasse inadatto, incapace, truffaldino. Lo Stato si è limitato a concedere a se stesso il diritto di revoca del contratto. Ma impegnandosi, in ogni caso, a risarcire il concessionario di ogni perdita futura derivante dalla rescissione.

I grandi giornali, che danno voce (facendo il loro usuale mestiere) agli interessi dei proprietari dei beni privatizzati, ci hanno fatto sapere che l'indennizzo "dovuto" sarebbe oscillante tra gli 8 e i 20 miliardi di euro. E ci sono già coorti di pennivendoli e funzionari pubblici, e politici che invitano il governo alla prudenza. Naturalmente in nome dei cittadini.
E rimasero tali anche dopo che l'ANAC, l'authority, nel gennaio di quest'anno, diede ordine alla Direzione Vigilanza sulle concessioni autostradali di pubblicarli. Il Ponte Morandi era ancora in piedi. E cosa accadde? Che il Ministero per le Infrastrutture (organo dello Stato) chiese il permesso ai concessionari, cioè all'AISCAT (la Confindustria dei concessionari) per pubblicarle. La quale, ovviamente, rispose con uno sdegnoso rifiuto (era l'11 gennaio 2018) basato sull'"argomento" che esistevano "incomprimibili interessi di natura economica, commerciale e industriale" a impedire una tale pubblicazione. E il rifiuto del privato fu più forte della decisione dello Stato. Fino al 26 agosto.
Dunque l'intera storia dice una cosa semplice: non c'è solo la rapina dei beni pubblici, ma c'è la corruzione dei poteri pubblici a protezione della rapina. Non ci sarà lotta contro la corruzione senza guardare in faccia a questa realtà.
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