In realtà non aveva realisticamente altre scelte. Se avesse accettato le pressanti offerte di Di Maio per lasciare Berlusconi e comporre una maggioranza con i 5 stelle si sarebbe trovato a fare il gregario in un Governo egemonizzato dai grillini e avrebbe dato a Forza Italia l'alibi per urlare urbi et orbi di essere stata tradita. In questo caso sarebbero anche diminuite le chance di Salvini per avere successo in una possibile OPA su Forza Italia. Inoltre non avrebbe nemmeno raccolto i frutti di quanto sarebbe stato fatto dagli scanni ministeriali poiché ogni scelta avrebbe finito per essere accreditata dagli elettori alla forza di maggioranza e non ai leghisti.
Supponiamo però che si fosse davvero costituita una maggioranza di Governo tra i due. Quali scelte fare? Le promesse elettorali sono state su entrambi i fronti così demagogiche che sarebbe stato impossibile metterle seriamente in pratica. Far saltare i conti con l'Europa per abolire la legge Fornero e per introdurre un "reddito di cittadinanza"? Far sparire tutti gli irregolari che infestano le contrade italiane? Trovare i dodici miliardi di euro (e come?) per evitare l'aumento dell'IVA che dovrebbe scattare dal primo gennaio 2019?
Se, quindi, Salvini avesse accettato l'offerta dei grillini entrambi si sarebbero trovati in grandi difficoltà, davanti a dover optare tra lo smentire gran parte di quanto promesso oppure precipitare il Paese nel gorgo dell'uscita dall'Europa e dello scatenarsi della speculazione finanziaria internazionale contro il nostro Paese.
Che dire poi di Grillo che, gia' lanciato in campagna elettorale, ripropone un referendum per l'uscita dall'euro ben sapendo che tale voto su un accordo internazionale non è ammesso dalle nostre leggi e, se svolto in maniera puramente consultiva, servirebbe solo a chi speculasse contro il nostro debito pubblico?
Ha fatto dunque bene la Lega ad attenersi agli accordi con gli alleati. Per ora… perché lo scenario futuro è ancora tutto da scrivere.
In merito alla possibilità di un voto in autunno, Mattarella ha ricordato la necessità che prima della fine dell'anno sia approvata la nuova legge finanziaria e, soprattutto, che si trovi dove recuperare i dodici miliardi utili a scongiurare l'innalzamento dell'IVA. E' ben difficile che ciò sia possibile considerato che, dopo il voto, occorrono circa venti giorni prima che le Camere s'installino. Poi bisogna votare i Presidenti, trovare una maggioranza, formare le Commissioni e distribuire le cariche. Solo allora potranno cominciare i veri lavori che però partiranno dal voto di fiducia al nuovo Governo, sempre che se ne riesca a formarne uno. Tutto lascia pensare che la maggiore probabilità vada a un voto previsto per la prossima primavera, esattamente come auspicato dal Presidente della Repubblica.
Alla fine, indipendentemente dalle dichiarazioni di facciata, quest'ultima soluzione potrebbe andare bene a tutti: al PD e a FI che guadagneranno il tempo per cercare di ricostruire i propri consensi, a Berlusconi che spera sempre in una sentenza della Corte Europea che gli consenta di ricandidarsi, ai 5 stelle e alla Lega che potrebbero urlare dall'opposizione con voce sempre più stentorea, lasciando per di più agli altri la responsabilità di decisioni impopolari. E converrebbe anche a tutti i neoeletti parlamentari che eviterebbero di doversi cimentare in una nuova campagna elettorale e si assicurerebbero, invece, qualche mese in più di permanenza a Roma. E l'interesse dei cittadini? Questo è un fattore secondario…
L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della redazione.