E' la dimostrazione della mancanza di una corretta valutazione della situazione economica e finanziaria nazionale e internazionale e dell'assenza di un virtuoso piano di rilancio economico che punti allo sviluppo e non solo alla crescita.
La parola "inflazione" è stata ripetuta da entrambi ben 15 volte in un testo di 2 paginette. Yellen però batte Draghi 4 a 3 nella citazione del 2% di inflazione quale obiettivo da raggiungere per avere un'economia ben funzionante. Dal 2010 il target del 2% è diventato un mantra ossessivamente ripetuto in tutte le salse.
Questa teoria è stata totalmente sposata dalle banche centrali che, come è noto, da anni si danno da fare per far ripartire l'inflazione. Alcuni, per abbattere il debito pubblico, la vorrebbero al 4-6% annuo. Ci si scorda evidentemente che in un passato recente molti governi e molte famiglie in vari Paesi hanno lottato contro l'iperinflazione del 15-20%.
L'inflazione è una bestia selvaggia, innocua se ne parla soltanto, ma terribile e incontrollabile se si muove e comincia a galoppare.
Certo, anche la deflazione che abbiamo avuto per alcuni anni dopo la Grande Crisi è un "animale" non meno pericoloso. Essa avviene quando l'economia si avvita su se stessa, con una diminuzione dei prezzi dovuta in gran parte alla riduzione dei consumi e dei bilanci pubblici, al crollo dei commerci internazionali e di conseguenza anche delle produzioni e dell'occupazione.
La deflazione genera un immobilismo progressivo in cui tutti gli attori economici sono indotti a posticipare le decisioni d'investimento o di acquisto nella prospettiva che i prezzi possano scendere ancora. E' un processo che porta direttamente alla recessione.
L'obiettivo "inflazione al 2%" è il fratello gemello della politica monetaria espansiva del Quantitative easing di creazione di grande liquidità da parte delle banche centrali per acquistare titoli di stato e, soprattutto, i titoli cosiddetti asset-backed-security (abs) in possesso delle grandi banche, che spesso sono di carattere speculativo e di bassa affidabilità.
Gli anni passati di bassa inflazione hanno anche comportato tassi d'interesse molto bassi, vicini allo zero, che, secondo la teoria, avrebbero dovuto agevolare nuovi crediti per nuovi investimenti.
Così non è stato. Si è trattato di due automatismi che non hanno funzionato. L'unico parametro che, invece, è veramente cresciuto è stato quello concernente i debiti pubblici e quelli delle imprese. L'altro parametro negativo è stato quello dei salari bassi e della precarietà.
Evidentemente le banche centrali, soltanto con la politica monetaria e finanziaria, non riescono a influenzare gli andamenti macroeconomici, come ad esempio i prezzi del petrolio e delle altre materie prime. In verità secondo noi, non sono state nemmeno capaci di orientare i comportamenti del sistema bancario e della finanza.
E' arrivato il momento di ritornare ai sani principi dello sviluppo economico. Se l'economia privata stenta a muoversi, lo Stato deve iniziare a investire in settori, come le infrastrutture, la modernizzazione tecnologica e altri, che possono trainare l'intera economia. Spesso lo ha fatto l'America industriale e capitalista. Negli anni trenta dello scorso secolo con il New Deal lo fece il presidente Franklin D. Roosevelt. Quindi, se il sistema bancario privato non fa rifluire sui mercati i soldi offerti gratuitamente dalle banche centrali, occorre creare nuovi canali di credito.
A proposito, in Europa che fine hanno fatto i project bond che la Commissione europea aveva proposto qualche anno fa? Si trattava di finanza produttiva e non speculativa che avrebbe dato un grande stimolo alla realizzazione delle nuove infrastrutture e alla modernizzazione del sistema produttivo, creando sicuramente nuovo reddito e una qualificata occupazione, soprattutto per tanti giovani lasciati allo sbando fuori dal mercato del lavoro.
Non si vorrebbe che in Italia il recente aumento delle bollette energetiche e delle tariffe autostradali, non certo giustificabili, fosse funzionale al fantomatico obiettivo dell'inflazione al 2%.
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