Immediata è stata la reazione del ministro degli Esteri russo Lavrov, che ha considerato pericolosa la posizione Usa, anche in considerazione del fatto che "ribelli" e terroristi dispongono di armi chimiche ed è ovvio che, trovandosi in estrema difficoltà, potrebbero facilmente usarle per spianare la strada all'ennesimo intervento americano contro Damasco.
Tuttavia, a parte l'intervento del Cremlino, è stato l'Iran a rispondere con estrema durezza al preannuncio dell'ennesima provocazione, tracciando quella che può essere definita una "linea rossa" per gli Usa, il cui superamento avrebbe conseguenze incalcolabili, facendo degenerare la guerra in Siria in uno scontro di portata inimmaginabile.
A lanciare l'ammonimento è stato il Segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale, l'ammiraglio Alì Shamkhani, che in un linguaggio assai chiaro ha espresso due concetti: per prima cosa ha messo in guardia gli Usa da avventate mosse unilaterali, senza un calcolo delle conseguenze che stavolta sarebbero incalcolabili; inoltre, con riferimento all'attacco Usa alla base aerea di Sharyat dell'aprile scorso, ha ricordato che è stata proprio Washington ad opporsi ad un'inchiesta internazionale sull'uso di armi chimiche a Khan Shaykhun, pretesto usato per il lancio dei Tomahawk, e l'ha invitata a rivolgersi all'Opac, con sede all'Aja, per ispezionare i siti di stoccaggio sospetti.
Shamkhani non è un funzionario qualunque: è un ex capo della Marina dei Pasdaran, ex capo della Marina iraniana ed è stato Ministro della Difesa per otto anni; un personaggio di assoluto spicco nella dirigenza politico-militare iraniana. Il suo posto di Segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale lo pone al centro dell'impostazione strategica della politica nazionale ed ha il ruolo di negoziatore per tutta la politica del nucleare iraniano. Se a tutto ciò s'aggiunge la completa stima della Guida Suprema Khamenei ci si rende conto che si tratta di uno dei leader iraniani più influenti, e che le sue parole, soprattutto su temi militari, rispecchiano il pensiero di Teheran.
I tempi dell'isolamento della Repubblica Islamica sono ormai lontani, con buona pace di Arabia Saudita, Israele, Amministrazione Trump e delle loro politiche demenziali che tentano di trovare uno sbocco proprio nella guerra in Siria. Il fatto è che, nella fase finale di quel conflitto, e per come sono ormai evolute le cose, ogni mossa avventuristica sobillata dal Golfo e messa in atto da Washington rischia ormai di avere conseguenze inimmaginabili. Esattamente come ammonito da Shamkhani.
di Salvo Ardizzone
Fonte: ilfarosulmondo.it
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