Non tutti i sindaci dei Comuni terremotati hanno accolto l'invito a presenziare alla Parata del 2 giugno a Roma per la Festa della Repubblica, suscitando non poche polemiche. Fra questi Mauro Falcucci, sindaco di di Castelsantangelo sul Nera, che ha preferito festeggiare il 2 giugno fra le macerie del proprio comune e non a Roma.
Quali sono le difficoltà maggiori per risollevarsi dopo il terremoto? Quali sono le maggiori paure dei sindaci? Sputnik Italia ne ha parlato con il sindaco di Camerino Gianluca Pasqui.
— Alla parata del 2 giugno non hanno partecipato tutti i sindaci invitati. Sindaco Pasqui, lei non era presente, perché? Che ne pensa della parata?
— Io non ho partecipato senza nessuna nota polemica, semplicemente perché la situazione del mio comune è tale che purtroppo consente con difficoltà di allontanarci dal posto. Al mio comune c'è un lavoro quotidiano di tante ore al giorno e quindi sono rimasto in città perché ero impegnato su altri argomenti.
Con la parata si va a ricordare un momento significativo, al di là di come uno la pensi sulla nostra Repubblica, è stato scelto di festeggiare in questo modo, io rispetto questa scelta. Non c'è era, sottolineo, alcuna nota polemica, ho avuto la difficoltà reale di allontanarmi dal proprio comune. Purtroppo però nonostante le tantissime ore di lavoro si vedono pochi risultati.
— Non si parla più sulla stampa dei danni del terremoto, ma in quale situazione si trova oggi il suo comune?
— In una situazione estremamente difficile, ho sempre detto che Camerino, e non lo dico da primo cittadino di questo città, è una delle realtà più difficili da far ripartire, ma è soprattutto difficile garantire un futuro certo. È una città dal centro storico totalmente distrutto con l'esercito alle porte, all'interno non c'è una persona che vi possa abitare e non c'è nessuna attività produttiva. È una città con tanti servizi come l'università, una delle più antiche della nostra nazione.
Speriamo di avere un percorso relativamente veloce e che ci consenta di restituire alla comunità quelle parti fondamentali per continuare a vivere e ritornare ad essere quel che eravamo.
— Le persone che hanno perso la propria abitazione sono state sistemate nelle famose casette?
— Siamo la realtà con il maggiore numero di casette, perché ce ne serviranno circa 500. Le prime 250 penso dovrebbero essere nella nostra disponibilità per fine anno, dicembre o massimo gennaio. Dico dovrebbero, perché le dirò che ci saranno solo nel momento in cui fisicamente vedrò le case. Non penso lo Stato Italiano possa mettere in dubbio la realizzazione di ciò che è essenziale. Aspettiamo comunque di vederle.
— Secondo lei in tempi brevi la ripresa e la ricostruzione è possibile? C'è abbastanza sostegno ai comuni terremotati da parte del governo?
— La mia paura è che sulla carta tutto è fattibile, ma non so se il sistema Italia consentirà questo. Sul sostegno delle istituzioni non ho dubbi, l'abbiamo avuto dal primo momento, sul sistema Italia e sulle normative dello Stato Italiano personalmente qualche dubbio ce l'ho.
Gestiamo molte cose con la legge ordinaria quando invece viviamo in un momento di grande straordinarietà. È un discorso di sistema di un Paese che per certi aspetti è eccezionale e per altri secondo me, come in questi casi, ha molto da rivedere. Un parlamentare giorni fa mi ha chiamato per chiedere cose ne pensassi su alcuni emendamenti e io ho risposto che se lavoreremo benissimo tutti insieme potremmo essere utili alla prossima situazione catastrofica. Per quanto riguarda noi io ho serie perplessità sul fatto di riuscire a superare questa fase in maniera normativamente corretta. La legge è quella e ovviamente tutto va fatto nel rispetto delle normative dello Stato Italiano e nel rispetto di quelle norme, che non agevolano un percorso veloce.
— Speriamo veramente in meglio e che si riparta presto!
— Sicuramente ce la faremo, siamo ottimisti in un periodo in cui a essere ottimisti di fatica.
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