Proprio prima dell'inizio della più grande esercitazione militare congiunta tra Sud Corea e Stati Uniti, il 6 marzo, il regime nord coreano aveva, infatti, fatto partire verso le acque del Giappone quattro missili balistici capaci di portare mini bombe atomiche. I missili caddero, volutamente, all'interno della zona marina di competenza giapponese. La distanza raggiunta non era casuale poiché copriva quella che va dalla base di lancio nord-coreana alla grande area militare americana in Corea del Sud. Poco più tardi, il 22 marzo, ci fu un secondo lancio e poco importa che, a detta degli esperti, fosse un fallimento.
Se ragionassimo con la razionalità che pretendiamo essere connaturata alle azioni di tutti i Governi, dovremmo dedurre che le azioni di Kim Jong Un sono senza senso e che i coreani si stiano facendo del male da soli andando a cercarsi reazioni straniere che potrebbero diventare anche molto pericolose per la loro sopravvivenza come Stato. Tuttavia non è questa la giusta chiave di lettura.
Che le azioni di Pyongyang fossero rischiose ma, ciononostante, ben calcolate, lo si è visto pochi giorni dopo, quando Tillerson, partito bellicoso da Seul è arrivato a Pechino.: i suoi toni sono improvvisamente cambiati e ha dovuto dichiarare che USA e Cina cercheranno "insieme" come risolvere la questione nordcoreana. Chi aveva preconizzato un qualche attacco "preventivo" americano contro le istallazioni nucleari, almeno per ora, dovrà ricredersi.
Per quanto sia rassicurante, quindi, giudicare "pazzo" il dittatore nord coreano, occorre ammettere che ogni sua mossa è studiata per raggiungere fini precisi ed è una scommessa che, nonostante tutto, nessuno avrà la volontà e nemmeno un vero interesse ad attaccarlo. Avere il possesso di armi nucleari e mostrarsi pronto a usarle rappresenta, quindi, la sua miglior garanzia per scoraggiare possibili tentazioni di "cambio di regime".
Per quanto lo si disprezzi e si minaccino le azioni più bellicose, a nessuno oggi conviene toccarlo e questa è la scommessa su cui conta. Come in una partita di poker, i suoi continui "rilanci" rimandano l'esito finale e ciò gli concede altro tempo. Il suo rischio è che, prima o poi, qualcuno vada a "vedere" e solo allora si capirà chi vince e cosa vince, chi perde e cosa perde.
L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della redazione.