Il ministro degli Esteri italiano Angelino Alfano si è recato in visita ufficiale a Mosca, dove avrà dei colloqui con il capo della diplomazia russa Sergey Lavrov e il vice premier Arkady Dvorkovich. Alfano arriva a Mosca per la prima volta come ministro degli Esteri, dopo che lo scorso dicembre 2016 il suo predecessore alla guida del dicastero diplomatico Paolo Gentiloni aveva ottenuto l'incarico di premier per formare un nuovo governo dopo le dimissioni di Renzi. Alla vigilia della sua visita a Mosca Alfano, che è anche co-presidente del Consiglio russo-italiano sulla cooperazione economica, industriale e finanziaria, ha rilasciato un'intervista esclusiva al corrispondente di Roma dell'agenzia di stampa russa RIA Novosti Sergey Startsev.
— Signor ministro, tra poco incontrerà di nuovo Sergey Lavrov, sarà il vostro secondo incontro dopo la ministeriale Esteri del G20 a Bonn. Quali saranno i temi del suo incontro con il collega russo e quali dossier internazionali ha intenzione di discutere?
La nostra comune appartenenza al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2017 ci porterà anche a confrontarci su alcune iniziative che l'Italia intende promuovere in quel contesto, sia per quanto riguarda la tutela del patrimonio culturale come componente della stabilizzazione, sia per la valorizzazione del ruolo delle donne nella prevenzione dei conflitti. Faremo anche il punto sul nostro dialogo bilaterale in tema contrasto alle sfide globali, prima fra tutte l'estremismo violento, nonché sulle opportunità e gli sviluppi del partenariato bilaterale culturale, scientifico e tecnologico, già solido e proficuo.
— Dopo la riunificazione della Crimea con la Russia gli USA e l'UE hanno dato il via a una politica di sanzioni contro il nostro Paese. Non ritiene che le sanzioni antirusse debbano essere annullate al più presto possibile, anche perché contraddicono gli interessi dell'Europa stessa?
— La crisi ucraina è tuttora lontana dalla sua risoluzione. Purtroppo, il recente sviluppo degli eventi, in particolare l'introduzione da parte di Kiev del blocco dei trasporti al Donbass, complica ulteriormente la situazione. A Roma più di una volta è stato dichiarato che non ci sono alternative agli accordi di Minsk, ma le parti in conflitto si accusano reciprocamente di non rispettare i patti. Che cosa a suo parere potrebbe e dovrebbe fare l'Europa per contribuire alla risoluzione di questa crisi?
— Quasi subito dopo la sua nomina al Ministero degli Esteri, lei ha fatto capire che vorrebbe il ritorno al G8. Secondo lei, quando sarà possibile il ritorno della Russia in questo club? Potrebbe il vertice del G7 a maggio a Taormina servire per valutare questo problema?
— L'Italia ha salutato con favore l'impegno congiunto di Russia e Turchia sul dossier siriano. In questo contesto, lei ha ricordato anche l'importanza della Conferenza di Astana. Come vede oggi le possibilità di una soluzione politica in Siria e il ruolo della Russia in questo processo?
— L'Italia ha manifestato, in tutti i fori multilaterali e nella fitta serie di contatti con i Paesi maggiormente coinvolti nel conflitto siriano, il proprio sostegno alle iniziative tese a promuovere un cessate il fuoco e a far ripartire il processo di Ginevra, da cui soltanto può scaturire una soluzione politica inclusiva e credibile.
L'ingresso dell'Italia in Consiglio di Sicurezza ha coinciso con un rinnovato impulso degli sforzi per promuovere una soluzione politica al conflitto siriano che, ormai, ha compiuto sei anni. In questo senso, l'iniziativa russo-turca per un cessate il fuoco ha rappresentato un fattore positivo, poiché ha facilitato una sensibile riduzione del livello delle violenze, contribuendo alla ripresa dei colloqui a Ginevra, sotto egida ONU.
Oggi il processo di Astana, un esercizio che riteniamo utile, sta attraversando una fase di difficoltà, come testimoniato dall'intensificazione delle violazioni della tregua. Auspichiamo che questa fase possa essere presto superata, e che Astana possa condurre all'azzeramento delle violazioni più gravi, insieme all'adozione di misure di (rilascio dei prigionieri, accesso umanitario) che consentano di far avanzare il processo politico di Ginevra in un clima più propizio al raggiungimento di una soluzione. Da questo angolo visuale, riteniamo che la Russia possa e debba giocare un ruolo di primo piano nel ripristinare la tregua e sbloccare l'accesso umanitario nelle aree assediate dal regime, ponendo fine a un comportamento molto grave dal punto di vista del diritto umanitario internazionale, oltre che etico.
— Esiste un altro importantissimo problema nel Medio Oriente per gli interessi italiani, cioè la riconciliazione della Libia. Come valuta le possibilità che potrebbero aprire la collaborazione con la Russia su questo problema, tenendo conto che Mosca ha incoraggiato i contatti tra Tripoli e Tobruk?
In questo contesto, qualsiasi iniziativa che possa incoraggiare i contatti fra le parti e favorire la riconciliazione nazionale nel quadro dell'Accordo Politico non può che essere benvenuta. Non solo la Russia, ma la Comunità Internazionale tutta è impegnata in questa direzione, per favorire maggiore inclusività e un miglior funzionamento delle istituzioni, perché non possiamo permettere che la Libia piombi nuovamente nel caos, tantomeno in considerazione delle ricadute negative in termini di terrorismo e traffico di esseri umani.
— L'Italia e la Russia per lunghi anni sono state legate da relazioni definite da entrambe le parti come una partnership strategica. Come vede il futuro prossimo delle nostre relazioni bilaterali? E come valuta la collaborazione tra l'Italia e la Russia nell'arena internazionale?
Incontrerò a Mosca anche il vice primo ministro Dvorkovich, con cui co-presiedo il Consiglio di Cooperazione Economica, Industriale e Finanziaria. A novembre dello scorso anno, dopo quattro anni di pausa, si è riunita la plenaria, con grande soddisfazione delle istituzioni e degli ambienti economici e imprenditoriali. La riunione è stata un chiaro segnale del nostro impegno lungo un percorso di ripresa stabile e costante del partenariato bilaterale. Con questo spirito propositivo e costruttivo, affronteremo i prossimi mesi.
— Alla vigilia del vertice del Unione Europea a Roma il presidente francese François Hollande ha lanciato l'idea di un'UE con velocità differenti per riavviare il processo dell'integrazione europea. L'Italia condivide questa visione? E cosa si deve fare oggi contro il pericolo della disgregazione nato dopo il Brexit?
— A Versailles, lo scorso 6 marzo, i leader di Italia, Francia, Germania e Spagna hanno voluto avviare e condividere un percorso di riflessione congiunta sulla visione di Unione Europea nei prossimi dieci anni in vista del Vertice di Roma del 25 marzo.
Uno dei primi e più importanti risultati di questa riflessione è che occorre rimetterci in marcia ora, perché — come ricordato dal presidente del Consiglio Gentiloni, lo scorso 15 marzo, davanti al Parlamento europeo — «un'Europa ferma è un'Europa destinata a tornare indietro».
In questo cammino, se non possiamo andare avanti tutti insieme, la strada da percorrere è quella di un'«integrazione differenziata», fondata sul principio di flessibilità. La visione italiana è quella di lavorare insieme agli altri partner europei per un'Europa a «cerchi concentrici», in grado di fare avanzare un progetto comune con gli Stati che vogliono andare verso un'"Unione sempre più stretta" a partire da settori come la Difesa e il pilastro sociale europeo.
È ciò che abbiamo iniziato a fare con il lancio dell'Agenda di Roma ieri 25 marzo. L'agenda aiuta a restituire capacità di visione al progetto europeo, indicando ai cittadini europei e al resto del mondo l'idea di Europa del futuro: un'Europa sicura, un'Europa della prosperità, un'Europa sociale, un'Europa più forte sulla scena globale, muovendo dalla consapevolezza che "Roma 2017" rappresenta un punto di partenza e non già di per sé un traguardo. Questa volta abbiamo però un elemento in più rispetto al passato: ripartendo da Roma abbiamo iniziato a delineare la direzione di marcia da intraprendere nei prossimi dieci anni per preparare e costruire l'Europa di domani.