Una transizione senza precedenti sotto tutti gli aspetti. E che dimostra che questa America, quella evocata dal 45-esimo presidente, non è più quella che è stata durante la gran parte del XX secolo. "Fare di nuovo un'America Grande" — che è stato lo slogan principale, l'unico vero e significativo della campagna elettorale di Trump — è stato la dimostrazione che una buona metà dell'America di oggi ritiene che essa non è più così grande come l'altra metà credeva di essere.
Due cose colpiscono in quel discorso di insediamento. La prima è lo sguardo del nuovo condottiero: tutto rivolto all'interno del paese, alle inquietudini del popolo. Il miliardario Trump, alla testa di un impero industriale, commerciale, finanziario, di 111 società, si rivolge alla gente comune di un'"America profonda" e sconosciuta ai più (sicuramente all'elite neo-liberal-democratico-libertaria che ha guidato il paese negli ultimi anni) con un linguaggio inedito di riscossa popolare contro questa élite.
"Non sarete ignorati, abbandonati", ha esclamato il neo-presidente.
Vedremo.
Ma guardando le facce congelate di Obama, di Baiden, di Hillary Clinton, si capiva che i perdenti non si sono arresi. La dichiarazione di guerra, che Donald Trump ha ribadito insediandosi, era diretta a loro. E loro non si fermeranno di fronte a nulla per farlo cadere: in ogni modo possibile, senza esclusioni di colpi.
L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della redazione.