Elena, qual è il tuo bilancio di questo 2016 che volge al termine?
Per me è stato un anno a due facce. Positivo e negativo. Di negativo rimane il fatto che non sono stata ammessa ai Giochi Olimpici di Rio e non ho potuto conquistare la mia terza medaglia d'oro olimpica per cui avevo tanto lavorato. Nonostante questo sono felice di aver concluso la mia carriera con una vittoria, quella ottenuta al campionato russo con il miglior risultato della stagione. Dopo le Olimpiadi sono stata eletta come rappresentante degli atleti al CIO ed il 7 dicembre mi hanno nominata direttrice dell' agenzia antidoping russa. Mio marito sta bene, mia figlia anche. Quindi non ho nulla di cui lamentarmi. Sono stati dodici mesi a ondate, con voli e cadute ma il mio bilancio tutto sommato è positivo.
Che cosa ti rimane del periodo travagliato che ha preceduto le Olimpiadi?
In questa situazione mi ha sostenuto tutto il mondo. E' stato un piacere infinito e mai avrei potuto immaginare che così tante persone da ogni dove si sentissero coinvolte dalla mia vicenda e mi testimoniassero la loro vicinanza, comprendendo l'assurdità della situazione. Ho capito che non ero sola, ma insieme a me c'erano tutti quei tifosi che ho reso felici durante tutta la mia carriera. Questo sostegno ha mostrato che tutto ciò che ottenuto mi è riconosciuto e nessuna accusa al nostro paese potrà portarlo via. La verità è che quello del doping è un problema individuale di ogni sportivo e vorrei che tutti lo capissero presto.












Nella tua carriera c'è stato spazio anche per l'Italia. Hai vissuto e ti sei allenata a Formia ed uno dei tuoi tanti record del mondo l'hai firmato al Golden Gala di Roma del 2008. Quali ricordi hai del nostro paese?
Dell'Italia mi porto nel cuore soltanto bei ricordi ed emozioni ancora calde nonostante appartengano al mio passato. Sono stati cinque anni indimenticabili della mia carriera, perché fin dall'inizio il pubblico italiano mi ha accolta con calore e mi ha fatto sentire una di voi, come se fossi a casa. Dal punto di vista sportivo tutto il lavoro che ho svolto a Formia sotto la guida di Vitaly Petrov non è stata fatica fatta invano. Dico grazie a tutte le persone che ho incontrato e con cui ho lavorato, al personale del centro sportivo di Formia, perché parlando con loro ho imparato a parlare in italiano e poi non mi stancherò mai di ringraziare il cuoco Giovanni, per l'approccio individuale alla mia alimentazione.
Svelaci questo segreto, in che cosa consisteva l' "approccio individuale"?
Ad esempio c'è stato un periodo mentre mi allenavo a Formia, in cui ero letteralmente impazzita per la zucca. Lui allora mi preparava tutto a base di zucca. Gnocchi, pasta, insalate, zuppe. La cucinava in tutti i modi: bollito, fritta, al vapore. La cosa più divertente era che questi cibi automaticamente li "imponeva" anche a tutti gli altri atleti che c'erano a Formia. "Lena vuole la zuppa di zucca quindi mangiate tutti la zucca" (lo dice in italiano — ndr) Oppure la pizza con la zucca: era un pò strana, ma io ne andavo matta. Certamente la cultura del cibo in Italia è unica.

Visto che l'italiano te lo ricordi ancora, puoi fare un augurio ai nostri lettori?
Certamente! L'esperienza italiana mi è stata d'aiuto anche a livello linguistico, perché ho imparato una nuova lingua e posso dire di aver iniziato a capire un po' di più il mondo nel momento in cui sono uscita dai confini dell'inglese.