Quelli che, pur stando "a sinistra", volevano riequilibrare i rapporti di forza dentro il loro partito. Quelli che erano stati "rottamati" e cercavano vendetta.
Quelli che, pur volendo riformare la Costituzione, non sopportavano la baldanza del giovane Presidente del Consiglio ed erano indignati dal suo continuo e spavaldo mentire.
Quelli che sono stati soltanto influenzati da qualche conoscente che li ha indirizzati verso quella decisione.
Infine, ma sicuramente non abbiamo esaurito il panorama, quelli che considerano la Costituzione vigente quale un dogma intoccabile e sacrilegio ogni tentativo di modificarla.
Tante, dunque, le motivazioni ma uno solo il risultato tragico (politicamente): le dimissioni del Governo. D'altra parte, non c'erano alternative dopo che tutti i Ministri, chi più chi meno, si erano spesi per la riforma che ben il 60 percento degli italiani ha mostrato di non gradire. Anche se, formalmente, la caduta del Governo non era obbligata, nel linguaggio della politica la bocciatura subita non riguardava più soltanto la riforma costituzionale ma la stessa guida del Paese.
Che cosa accadrà ora è soltanto oggetto d'ipotesi.
Tuttavia, qui nasce il primo dei problemi che ci aspettano: l'unica legge elettorale in vigore approvata dal Parlamento era basata sul contenuto della riforma bocciata e non prevede quindi il voto per il Senato. Se si dovesse votare immediatamente, si potrà farlo per la Camera con l'Italicum e per il Senato con il "Consultellum", cioè con una legge così come modificata dalla sentenza della Corte Costituzionale che cassò la legge detta "Porcellum".
In altre parole, si avrebbero contemporaneamente due sistemi elettorali non omogenei tra loro: uno maggioritario con il premio di maggioranza e l'altro proporzionale e senza "premi".
La probabilità che si possano creare maggioranze omogenee nei due rami del Parlamento è irrisoria e il risultato sarebbe l'ingovernabilità con conseguenti nuove elezioni, ma sempre con le stesse leggi.
La soluzione più probabile sarà che Mattarella cerchi di trovare una qualunque maggioranza o perfino un Governo di minoranza che duri il tempo sufficiente per varare una nuova legge elettorale e solo dopo si vada al voto.
Riuscirà a mantenere il controllo dell'apparato? Accetterà di guidare un Governo di transizione o indicherà un personaggio di secondo piano che non oscuri la sua possibile candidatura alle prossime consultazioni? E, soprattutto, accetterà di far sì che il PD sostenga un qualunque Governo o si farà prendere dal "cupio dissolvi"?
Comunque sia, ogni elezione sarà tecnicamente impossibile prima di febbraio e in tre mesi possono accadere molte cose.
La peggiore sarebbe che speculatori internazionali approfittino della confusione e del vuoto di potere per attaccare i nostri Buoni del Tesoro spingendo gli interessi a nostro carico a livelli altissimi, come accadde alla fine del Governo Berlusconi.
Allora non ci fu un Draghi con il quantitative easing ma oggi, se l'attacco fosse forte e coordinato non è nemmeno garantito che la Banca europea possa davvero riuscire a tenervi testa.
Siamo certi che, nel caso si scatenasse la speculazione, anche la rigida Germania acconsentirà ad allentare i cordoni della borsa perché un fallimento dell'Italia significherebbe la fine dell'Euro e, molto probabilmente, della stessa Unione Europea.
Ma quali condizioni porranno Berlino e Bruxelles se il caso si presentasse?
Le prime reazioni della Borsa di Milano al voto sono state positive, probabilmente perché gli investitori avevano gia' messo nel conto il risultato del referendum e oggi ricomprano. Oppure perché si valuta positivamente la decisione di Mattarella di "congelare" le dimissioni. Anche l'Euro si è leggermente rafforzato sul dollaro e questo lascerebbe sperare che, nonostante tutto, non si temano crolli finanziari e attacchi sulla moneta.
Non escluderei però che si tratti di fuochi di paglia o di manovre di alcuni forti investitori, pronti a scattare in un secondo momento, dopo aver attirato nel gioco ingenui risparmiatori.
Non c'è alcuna certezza che se avesse vinto il "sì" l'Italia e la sua economia sarebbero state più forti e stabili. E' però sicuro che, con la vittoria del "no", settimane o mesi di forte instabilità politica ci attendono e non si può escludere che qualcuno, da qualche parte nel mondo, sia già pronto ad approfittare delle debolezze altrui.
L'opinione dell'autore può non corrispondere a quella della redazione.