Referendum, perché votare Sì o No

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Si avvicina il 4 dicembre e finalmente i cittadini italiani voteranno al referendum costituzionale. Negli ultimi mesi si sono alternati slogan altisonanti, previsioni apocalittiche, trasformando così il dibattito sulla Carta Costituzionale in un voto politico. Perché votare sì e perché votare no?

Al referendum confermativo del 4 dicembre non è previsto il quorum, prevarrà il maggior numero dei Sì o dei No. L'aspetto curioso della faccenda è che probabilmente una gran parte di italiani voterà pro o contro il premier Matteo Renzi.

© Foto : fornita da Alfonso CelottoAlfonso Celotto, professore di diritto costituzionale all'Università Roma Tre
Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale all'Università Roma Tre - Sputnik Italia
Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale all'Università Roma Tre

Cercando di entrare nel merito della Riforma costituzionale, Sputnik Italia si è avvalso dell'aiuto di due esperti del campo: Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale all'Università Roma Tre e Stefano Ceccanti, professore di diritto pubblico comparato all'Università Sapienza. Presentiamo alla vostra attenzione una doppia intervista sul Referendum del 4 dicembre.

— Professore Alfonso Celotto, perché votare No? E quali sono a suo avviso i problemi principali della riforma?

— È una riforma confusa, contraddittoria, quindi è una riforma che funziona male e farebbe peggiorare il funzionamento delle istituzioni italiane. Questo perché non c'è un'idea chiara del tipo di Stato che vogliamo. Faccio un esempio: da una parte diminuisci le autonomie, perché chiudi le province, togli competenze alle regioni, ma dall'altra parte fai un Senato tipico degli Stati federali con una rappresentanza diretta delle regioni, come se fossero autonomie. Allora non è chiaro se l'Italia è centralista o autonomista. È una riforma scritta male. 

© Foto : fornita da Stefano CeccantiStefano Ceccanti, professore di diritto pubblico comparato all'Università Sapienza
Stefano Ceccanti, professore di diritto pubblico comparato all'Università Sapienza - Sputnik Italia
Stefano Ceccanti, professore di diritto pubblico comparato all'Università Sapienza

— Professore Stefano Ceccanti, perché votare Sì?

— La prima motivazione di fondo è che non possiamo affidare il rapporto con il governo a due Camere, perché danno entrambe la fiducia a cui il governo deve essere legato. Fra l'altro in Italia i 18-25enni votano solo alla Camera, quindi le possibilità di maggioranze diverse sono elevatissime, è capitato in 4 elezioni su 6 nel 1994. Per questa ragione, bisogna assolutamente che il governo dipenda da una Camera sola.

Il secondo importante motivo è che noi abbiamo un alto conflitto Stato-Regioni, perché non abbiamo la presenza dei legislatori regionali nel Senato e comunque noi scriviamo il rapporto Stato-Regioni con gli elenchi di materie. Siccome le leggi nascono dai problemi e non dagli elenchi di materie, resta sempre una zona grigia, che non si può risolvere senza la presenza dei legislatori regionali dentro il Senato. Altrimenti abbiamo un conflitto che esplode davanti alla Corte Costituzionale.

— Professor Celotto (per il No), è una Riforma scritta male anche da un punto di vista linguistico a suo avviso?

— Sì, la Costituzione del 1946 era molto chiara, molto semplice. Ora si scrive in maniera complicata, si usano termini molto tecnici. Sembra più una legge che non una Costituzione. Invece è importante che la Costituzione parli al popolo, le Costituzioni devono essere semplici è capite da tutti. 

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— Professor Ceccanti (per il Sì), che cosa risponderebbe a chi afferma che la Costituzione è scritta in modo troppo complesso? Non ritiene che dovrebbe essere scritta in modo più chiaro possibile?

— Penso sia un'obiezione che non sta in piedi. Nelle Costituzioni ad un cittadino comune rimangono soprattutto i primi articoli, cioè quelli sui diritti e sono scolpiti in modo molto chiaro. Le parti organizzative della Costituzione già oggi in Italia, ma anche da qualsiasi altra parte, il cittadino comune fa fatica a capirle, perché sono elementi di organizzazione. Sono parti note agli operatori del diritto che devono applicarle, per questo c'è bisogno di un testo complesso, perché ci siano anche meno conflitti. Anche nella Costituzione Russa, come lei saprà benissimo, le parti organizzative, come la revisione costituzionale, sono parti che il cittadino comune non conosce, no?

— Professor Celotto (per il No), possiamo dire che non tutti avranno capito la riforma, o almeno tutti i suoi passaggi?

— Sì, questa è un'altra cosa incredibile. Visto che in pochi hanno capito la riforma, moltissimi voteranno per altre ragioni. Pur essendo la Costituzione molto importante, quasi nessuno voterà sulla Costituzione. È diventato un voto politico, su altre ragioni e quindi anche la campagna elettorale è quasi tutta una campagna su altri argomenti. Questo è sbagliato nella Costituzione. 

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— Professor Ceccanti (per il Sì), evidentemente bisogna studiare prima di andare a votare?

— Esattamente, bisogna fare un po'di fatica, come è richiesto a tutte le persone coscienziose. D'altra parte anche quando andiamo a votare alle elezioni politiche dobbiamo studiarci i programmi dei candidati e delle forze politiche, se uno vuole votare ovviamente con attenzione al merito e non per appartenenza.

— Professor Celotto (per il No), secondo lei i cittadini non voteranno in merito alla riforma per la personalizzazione del Referendum?

— Esattamente. Renzi da un anno non parla di altro, come se la riforma costituzionale fosse importante. A mio avviso non è la cosa più importante oggi dell'Italia, un Paese che ha problemi più seri di giustizia, immigrazione, lavoro, giovani. Essendo una riforma complicata, Renzi ha pensato che è molto più semplice dire "votate Sì a me", che non spiegare quello che c'è dentro la riforma.

A questo punto però molte persone voteranno contro Renzi, allora la campagna si è spostata ancora una volta e Renzi ha cominciato a dire slogan che nella riforma non ci sono: "vuoi un'Italia con meno burocrazia?", "vuoi diminuire i costi dello Stato?", "vuoi una sanità più giusta?". Allora vota Sì! Questa riforma però non può incidere sulla burocrazia, sui costi e sulla sanità. 

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— Professor Ceccanti (Per il Sì), il Referendum del 4 dicembre si è trasformato in un voto politico. Che cosa ne pensa della personalizzazione del referendum nella figura di Renzi, è stato un errore secondo lei?

— In un mondo ideale bisognerebbe votare solo con attenzione al quesito, quando si chiama tutto il popolo a votare in una scadenza nazionale è inevitabile che ci sia un elemento di politicizzazione. Nel mondo reale funziona così. Sarebbe accaduto comunque, non succede solo questa volta.

Io personalmente ho fatto 145 incontri rigorosamente sul merito. Alla fine le persone vanno a votare quello che vogliono loro. L'idea di votare pro o contro i governi esiste. Ripeto, preferisco che le persone votino sul merito, non escludo che buona parte voti così. Infatti parliamo di una situazione incerta, perché se si votasse solo sul governo, l'attuale maggioranza di governo ha bene o male il consenso del 40% degli italiani. Si parla di un esito incerto proprio perché evidentemente molti stanno valutando il merito.

— Professor Celotto (per il No), che cosa risponderebbe alle persone schierate per il Sì, secondo le quali non si può restare nell'immobilismo e bisogna cambiare la Costituzione?

— Io direi che quando cambi, devi cambiare per fare bene. Questo vale per ogni cosa nella vita: non puoi cambiare e fare peggio. Questo ce lo dimostra quanto è accaduto nel 2001, con la riforma sul regionalismo italiano, una riforma scritta in fretta. È entrata in vigore e ci siamo accorti che funzionava malissimo, ci sono voluti dieci anni di leggi, corte costituzionale per cercare di aggiustarla. 

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Il valore di cambiare tanto per cambiare non ha senso. Ci sono nel mondo Costituzioni in vigore da 200 anni! Non è necessario cambiare le Costituzione ogni 20 anni.

— Professor Ceccanti (per il Sì), qual è il pericolo maggiore a suo avviso se dovesse vincere il No?

— Nel caso in cui vincesse il No, il problema è che la legislatura probabilmente sarebbe finita. Quando un corpo elettorale si esprime negativamente sulla legge più importante della legislatura del Parlamento in carica, è difficile che la legislatura possa credibilmente durare più a lungo di qualche settimana. Quindi andremmo a votare presto al di là degli intenti di chiunque. Se i cittadini dicono No al Parlamento, il Parlamento ne esce sconfitto, non solo il governo, ma appunto il Parlamento. È difficile quindi non andare in tempi brevi alle elezioni. Questo lo direi sia se sostenessi il Sì sia io sostenessi il No. È un dato di fatto.

— Professor Celotto (per il No), qual è il maggior pericolo se dovesse vincere il Sì?

— Questo tipo di Senato, cioè il senato che dovrebbe essere eletto sarebbe molto complicato, poco funzionale e poco rappresentativo. Un senato né federale, né territoriale, né centrale. Leggendo anche gli articoli 55 e 57 nuovi della Costituzione, si vede l'idea confusa di Senato che ne esce fuori.

Questa campagna elettorale si è basata sullo spavento, dicendo che se vince il No l'Italia non andrà più avanti, si esce dall'Europa. Tutto ciò non è assolutamente vero, secondo me non succederà niente subito, sia che vinca il Sì che vinca il No! Se vince il No sorgerà lo stesso il sole il 5 dicembre!  

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— Professor Ceccanti (per il Sì), non condivide le previsioni apocalittiche sul No che fanno alcuni sostenitori del Sì?

— No, più che previsioni apocalittiche, dico solo che nascerebbe il problema di andare a votare presto e significa di nuovo votare con due Camere, che danno entrambe le fiducie al Governo. In questo quadro con il sistema politico frammentato in quattro pezzi: il Pd, Grillo, Berlusconi e Salvini, nessuno vincerebbe le elezioni.

Non riusciremmo a formare un governo, o meglio l'unico caso possibile di formare un governo è che in entrambe le Camere, e non è affatto scontato, si formi l'unica coalizione possibile: il Pd e Berlusconi. Gli unici due che sono meno lontani sarebbero, per quanto sono lontani, Renzi e Berlusconi. Siamo davvero sicuri che si possa fare un governo Renzi-Berlusconi? E che abbiano i voti in tutte e due le Camere? Si profila secondo me uno scenario non di Apocalisse, ma di grande instabilità, poi a qualcuno può anche piacere, però sulla strada del No penso si vada verso l'instabilità.

L'opinione dell'autore può non coincedere con l'opinione della redazione.

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