Referendum, basta un… voto consapevole

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Si avvicina il Referendum del 4 dicembre, ma non è detto che la maggior parte degli italiani voti per mantenere o riformare la Costituzione. L’attenzione viene distolta dal quesito stesso con allarmismi da entrambi gli schieramenti. In realtà, basta un…voto consapevole.

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Lo schieramento del Sì parla di una catastrofe da un punto di vista dei mercati finanziari se dovesse vincere il No, evocando il mostro della Brexit. I sostenitori del No prevedono una dittatura qualora vincesse il Sì.

Secondo i sondaggi gran parte dei cittadini il 4 dicembre voterebbe pro o contro il governo Renzi. La Costituzione e la riforma in questo modo passano paradossalmente in secondo piano.

Probabilmente significativi per l'esito del voto saranno gli italiani residenti all'estero, 4 milioni di cittadini a cui Renzi ha mandato una letterina, pratica usata prima di lui già da Berlusconi. Il premier nella lettera, con tanto di disegnetto, invita a votare Sì per un Paese più forte, senza chiedere come mai però tutti questi cittadini italiani sono emigrati.

In rete nel frattempo, in vista del voto, sono nati dei servizi esplicativi per i cittadini che desiderano prepararsi in merito alla Riforma. Sputnik Italia ha raggiunto per un'intervista Roberto Panetta, avvocato, docente di diritto privato alla Bocconi, il quale offre in rete consultazioni sul Referendum in qualità di giurista.

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—  Avvocato Panetta, possiamo dire che molti italiani non sanno esattamente per che cosa si voterà il 4 dicembre e non conoscono a fondo il quesito stesso del referendum?

—  È assolutamente giusto. Questo secondo me discende dal fatto che vi sia stato un confronto molto acceso sul quesito in sé, che è stato anche destinatario di diverse impugnative davanti ai tribunali, in quanto si riteneva essere troppo suggestivo e che al suo interno si suggerisse la risposta "sì". Tutto ciò ha veicolato un po'di confusione fra i singoli cittadini, che già di loro non sono particolarmente avvezzi a quesiti così complessi e non conoscono la Carta Costituzionale.

—  Su internet, in merito alla complessità del quesito, sono nati dei servizi rivolti ai cittadini dove a pagamento si spiega loro il quesito stesso e la riforma costituzionale. Lei stesso partecipa ad un sito, offrendo consultazioni ai cittadini?

—  Sì, partecipo ad un sito dando questo servizio. Al di là del compenso che viene dato agli esperti che partecipano a questi siti, in realtà l'idea è di offrire un servizio a tutti i consumatori e i cittadini che non hanno una cognizione del tema in questione. È un'iniziativa di servizio pubblico. Il fatto di poter ricevere una risposta precisa a un quesito preciso da parte di un esperto sicuramente costituisce un servizio con una rilevanza pubblica.

—  Probabilmente c'è in questo modo la possibilità di avere una consultazione oggettiva?

—  Assolutamente sì. Io personalmente ogni volta tento di fornire risposte più oggettive possibili al di là delle colorazioni politiche, agisco in qualità di tecnico e giurista. Cerco di dare una mia spiegazione di quello che è il quesito e l'impatto che il Sì o il No possono avere sulla Carta Costituzionale e sul funzionamento della nostra Repubblica.

—  Moltissimi cittadini voteranno probabilmente pro o contro Renzi. Che ne pensa della personalizzazione del referendum?

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—  Penso che sia stato un errore, perché è un'occasione importante non necessariamente per cambiare la carta costituzionale, ma per interrogarsi sullo stato di salute attuale della Carta Costituzionale, con l'esito che potrà essere positivo o negativo. Aver personalizzato il referendum porta sicuramente una parte cospicua della popolazione a votare No soltanto per far cadere il governo. Questa è stata una leggerezza che temo rischiamo di dover poi pagare.

—  Quali sarebbero in breve i vantaggi e gli svantaggi se dovesse passare il Sì e viceversa, con una vittoria del No?

— In termini sommari se passa il Sì vi è una semplificazione dell'iter legislativo, si supera il bicameralismo perfetto.

Con il Sì si potrà avere il superamento del Cnel, un organo che in tutti questi anni non ha manifestato una particolare produttività.

La soppressione di questo ente a mio avviso è positiva, tanto è vero che la pensano in questo modo sia i sostenitori del Sì sia i sostenitori del No. L'elemento del Cnel è in comune a entrambi gli schieramenti. La ripartizione delle competenze Stato-Regione con la clausola di supremazia consente in qualche modo di sapere alla fine chi decide.

Se dovesse vincere il No siamo nella cristallizzazione della situazione attuale, i poteri legislativi non vengono in alcun modo alterati, rimaniamo nello stato in cui siamo stati finora.

Quindi possiamo dire che non corriamo almeno sotto questo punto di vista alcun rischio, perché non facciamo che confermare l'attuale assetto costituzionale. Dovremo poi vedere quali saranno i risvolti sui mercati finanziari, perché, a torto o a ragione, i mercati finanziari stanno guardando attentamente al referendum e temo che all'indomani del 4 dicembre, se dovesse vincere il No, ci potranno essere alcuni giorni di altalena in borsa. Una situazione che si è già verificata dopo la Brexit e più timidamente dopo l'elezione di Trump.

—  Se dovesse vincere il Sì a suo avviso quali aspetti negativi ci potranno essere?

—  Con il Sì l'unico elemento negativo che vedo è nella ripartizione delle competenze Stato-Regione: potranno esserci alcune regioni che verranno spogliate dei loro poteri o almeno in parte. Si tratta di regioni particolarmente forti come la Lombardia e il Veneto e sicuramente la avocazione dei poteri a Roma che oggi sono del tutto regionali, potrà portare ad un indebolimento delle regioni. Occorrerà vedere come verrà effettuata coi fatti la ripartizione Stato-Regioni.

—  Ad ogni modo l'importante è esprimere il proprio voto il 4 dicembre.

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—  Non è necessario alcun Quorum per il raggiungimento di un risultato referendario, ed è uno degli elementi che la gente non sa. Siccome è importante la partita in gioco, è altrettanto importante che partecipino più cittadini possibili a questa consultazione. In questo caso se cambiamo la Costituzione o se non la cambiano deve essere la stragrande maggioranza degli italiani a decidere e non una piccola parte.

Che vinca il Sì o il No deve essere una consultazione del popolo italiano nella sua maggioranza. L'importante è manifestare e che siano tantissimi gli italiani a farlo, al di là dei partiti, della destra e della sinistra, qui si tratta di decidere sul funzionamento della nostra Costituzione.

L'opinione dell'autore può non corrispondere a quella della redazione.

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