L’Arabia Saudita si compra anche l’Onu

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Dopo l’inserimento della coalizione del Golfo a guida saudita, impegnata nello sterminio dello Yemen, in una black list Onu di organizzazioni che violano i diritti dei bambini del mondo, Riyadh ha minacciato le Nazioni Unite di tagliare i fondi alle Nazioni Unite. E così la black-list è stata immediatamente depurata.

L'Arabia Saudita compra tutto, anche il silenzio dell'Onu, che s'inchina e modifica un documento già pubblico.

Ad ammetterlo è lo stesso segretario generale, Ban Ki Moon, che riconosce "pressioni indebite e inaccettabili sul corpo diplomatico delle Nazioni Unite" da parte del regime di Riyad.

L'Onu aveva inserito la coalizione del Golfo a guida saudita, impegnata nello sterminio dello Yemen, in una black list di organizzazioni che violano i diritti dei bambini del mondo, tra cui anche Daesh e Boko Haram, altre creature della petro monarchia più ricca al mondo.

L'elenco era stato pubblicato il 2 giugno scorso nel rapporto annuale del Rappresentante speciale sui bambini e i conflitti armati e rivisto nella notte tra il 6 e il 7 giugno. Riyad ha minacciato le Nazioni Unite di tagliare i fondi, in particolar modo i 100 milioni di dollari che fornisce all'Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees, Unrwa). E così la black-list è stata depurata.

Dopo le rivelazioni della Reuters, provenienti da fonti anonime, e l'indignazione dei difensori dei diritti umani "Human Rights Watch", che ha pubblicato una lettera aperta, il segretario Ban Ki Moon ha descritto tale decisione come uno dei momenti più dolorosi e difficili della sua carriera, giustificata dalla sofferenza che milioni di altri bambini soffrirebbero a causa del taglio dei finanziamenti per i programmi delle Nazioni Unite.

"E' stata una delle decisioni più difficili e dolorose", — ha detto Ban Ki-moon.

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Intanto l'aggressione saudita nello Yemen, con una pioggia di missili e bombe a grappolo di fabbricazione statunitense sulla popolazione inerme, ha causato la morte di 9.300 civili e la distruzione di 76mila abitazioni civili. Secondo Amnesty International un terzo dei civili uccisi sono bambini. 

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