La mia famiglia sa che quando mi laureai in Italia in economia aziendale, non chiesi di fare feste, di fatto ho solo un paio di foto fatte con gli amici e la mia famiglia, inoltre fino ad oggi, non ho ancora ritirato il diploma di laurea. Per me fu una liberazione più che una gioia ad essere sinceri, ma sono sicuro che ciò è stato frutto di situazioni singolari riguardanti la mia esperienza personale; in un articolo precedente ho già ringraziato il sistema educativo italiano (e mai smetterò di farlo) che tanto ha investito in me (circa 45000 euro dicono le statistiche), e so che se ora sono dove mi trovo a fare quello che faccio è perché tante persone, piene di passione per l’educazione, hanno creduto in me e mi hanno fatto crescere, non solo culturalmente ma anche caratterialmente. Detto questo però, lasciatemi dire che negli ultimi decenni il nostro governo ha fatto ben poco per l’istruzione, così come in genere l’Italia non investe in ricerca e sviluppo. Penso ai tanti ricercatori precari che lavorano nell’indifferenza generale per le loro condizioni (basti pensare che il ricercatore italiano lavora a progetto e non a contratto); parliamo di ragazzi che sono mossi solo dalla loro passione per la ricerca e la cultura e che fanno un lavoro immenso per la nostra nazione, forse anche per questo sono ricercati in tutto il mondo.
Detto questo, in Russia ho scoperto che il professore conosce i nomi di tutti i suoi studenti, ma è comprensibile considerato il fatto che qui gli studenti vengono divisi in gruppi di 15 20 persone, fare lezione qui in Università assomiglia più a essere alle superiori. Il ricevimento, preannunciato tramite email e confermato con un'altra email spedita dal professore, in Russia sostanzialmente non esiste; per prima cosa qui le domande si fanno in classe, quando a fine lezione il professore chiede se ci sono domande, ma anche durante la lezione se qualcosa non è chiaro, ripeto come alle superiori. Successivamente per ulteriori problemi ci si può recare direttamente nell’ufficio del professore, senza chiedere nessun appuntamento.
Ma passiamo all’aspetto saliente della vita universitaria: i tanto agognati esami. Agognati forse in Italia (per me sicuramente, Dio solo sa quanto furono agognati), perché invece in Russia l’esame fa rima con formalità. Mi spiego meglio: in una classe di 15 20 persone, dove il professore sa vita morte e miracoli della vita universitaria dello studente, il momento dell’esame diventa più semplicemente la conclusione di un percorso di studio che già precedentemente ha visto valutazioni intermedie, lavori di ricerca, compiti per casa, presentazioni. Quindi è chiaro che in qualche modo, l’esame ha più la funzione di delineare un voto che è frutto di un percorso durato mesi. Certo gli studenti russi vivono gli esami con un’ansia simile a quella che io respiravo in Italia, c’è chi deve ottenere il 5 per il diploma rosso(la nostra lode), chi il 4 per continuare a ricevere la borsa di studio, e chi invece deve cercare di portare a casa almeno un 3 per non rovinare la media. In ogni caso se l’esame va davvero male, lo si passa ugualmente o con 2 o con 1, ma i casi in cui uno studente non ha passato un esame sono molto rari e nel 99% dei casi è perché lo studente ha rifiutato il voto. Avete ragione mi sono dimenticato di dire che in Russia i voti vanno da 1 a 5, mentre in Italia da 0 a 30, la differenza sta nel fatto che la fatidica soglia del 18 in Russia non esiste. Questo significa che anche se l’esame va male, lo studente russo lo passa comunque, non con un voto soddisfacente ma lo passa. In ogni caso è doveroso sottolineare che passare gli esami con 3 genera un diploma con valutazione mediocre, non esattamente quello che uno studente vuole dopo anni di sacrifici che la famiglia ha fatto per permettergli di studiare.
Concludo dicendo che ogni sistema universitario presenta dei pro e dei contro, e che ogni difetto può essere considerato o un malfunzionamento di qualcosa oppure un modo, uno stimolo a migliorarsi, a ricercare l’eccellenza. Inoltre se un sistema si paragona con un altro, forse è più facile capirne i punti di forza e cosa invece necessita di essere modificato. Spero che la mia esperienza possa essere un valido contributo a capire cosa non funziona nell’Università Italiana e cosa si può fare per aiutarla a risollevarsi; sperando che non sia troppo tardi.
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