
Il 161-simo corso per abilitazione al lancio con paracadute emisferico in nome del soldato russo morto combattendo contro il Daesh, partirà a settembre e durerà 10 settimane. Sputnik Italia per una testimonianza su quest'importante iniziativa che lega l'Italia e la Russia, ha raggiunto direttamente Adriano Tocchi, presidente della sezione di Roma dell'Associazione Nazionale Paracadutisti d'Italia.
— Presidente Tocchi, ci potrebbe parlare di questa sua iniziativa?
— Qualche tempo fa ho letto le ultime parole di questo soldato. Il comandante gli diceva di arretrare dietro la linea verde. Il soldato gli rispose che non poteva farlo, spiegando al comandante la sua situazione. Quello che mi ha impressionato della sua risposta, è quando dice al comandante: "sono circondato, i nemici sono lì fuori, non voglio che mi prendano, conducete l'attacco aereo. Voglio morire con dignità e che tutti questi bastardi muoiano con me".
— È la prima volta che nella storia dell'Associazione Nazionale dei Paracadutisti d'Italia viene omaggiato un eroe non italiano. Come è stata accolta questa sua scelta?
— Il 99,9% delle persone che hanno reagito alla mia iniziativa su facebook era d'accordo, la cosa mi conforta. Una sola persona, uno un po' scettico, ha detto di stare molto attenti, perché si tratterebbe secondo lui di un'informazione sbagliata. Io ho risposto a questa persona dicendo сhe, vera o sbagliata, io prendo per buona questa notizia, perché comunque esprimere dei concetti di questo tipo, anche se fossero inventati, va verso una direzione che a me piace.
Io comunque sposo questa idea e questa maniera di pensare.
— Sui media principali italiani si parla poco delle imprese e dei successi delle forze russe contro il Daesh. Secondo lei gli eroi russi sono considerati un po' meno eroi degli altri?
— Io posso anche guardare un muro bianco e dire che è nero. Si può fare tutto. È difficile ignorare perché in genere l'occhio dell'osservatore medio o dei media italiani sia un po' strabico e guardi dall'altra parte dell'Atlantico. Lo sappiamo tutti da molti anni. Capisco che la sua domanda vuole essere provocatoria, ma io le rispondo e la risposta è molto semplice. L'Italia è nella NATO e la Russia non fa parte della NATO. Così ho risposto a tutto.
Recentemente in Russia si è festeggiato il giorno della vittoria quando la gente ringrazia i veterani. Io mando un abbraccio ideale ai reduci russi della seconda guerra mondiale. Riagganciandomi alla sua domanda, vorrei dire che se uno è un eroe, una persona che espone la sua vita razionalmente a un sacrificio, può venire anche da Marte. Non riesco a distinguere per esempio gli eroi italiani dagli eroi russi che hanno combattuto gli uni contro gli altri a Nikolaevka. Se si sono comportati da eroi, sono eroi gli italiani e lo sono i russi.
Non può esistere una scala di eroismo in funzione della nazionalità, sarebbe assurdo! Io sono stato a metà febbraio ad una cerimonia, dove era presente un ufficiale russo. Abbiamo ricordato i soldati italiani morti in Russia. Ci saranno stati degli eroi da una parte e degli eroi dall'altra, dei mascalzoni fra i soldati russi e dei mascalzoni fra i soldati italiani.
— L'essere eroe è un valore che non ha nazionalità, no?
— Per usare una parola che oggi va molto di moda: si tratta di un valore trasversale. Non le nascondo che un minimo di polemica in questa mia decisione c'è, perché so bene di andare contro corrente, ho un'età abbastanza avanzata per essere un tontolone, come si dice a Roma. Io non sono alla ricerca di un ritorno di gloria o di consensi per la mia idea. Io perseguo un filo logico che è quello del soldato con la "s" maiuscola. Non importa se questo soldato è russo, italiano, tedesco, congolese o proveniente da qualsiasi altra parte del mondo.
Ovviamente non mi aspetto complimenti da parte di coloro che oggi contano in Italia e in Europa, ma questo non mi interessa, perché non è quello che cerco.
— Possiamo dire che iniziative come la vostra dedicata ad Alexander Prokhorenko vanno oltre i confini?
— Valori come quello di cui parliamo, non possono essere etichettati dalla nazionalità. I russi hanno avuto i loro eroi degli aerei da caccia, ce li hanno avuti i tedeschi, gli italiani e gli americani. Mi riesce difficile dire che l'eroe americano è più eroe di quello italiano, e che quello italiano è più eroe di quello russo. Sono eroi, punto e basta e così devono essere riconosciuti.
Guai se questa visione venisse intaccata dall'idea di dire che l'eroe russo è meno importante di quello italiano. Stiamo parlando di un valore assoluto. Tutte le persone hanno appoggiato questa mia idea, ho ricevuto 500 "mi piace" al post della mia iniziativa su facebook. Una persona soltanto, come le dicevo, ha sostenuto che la notizia su Prokhorenko non fosse vera. Una delle tecniche più usate quando ci sono notizie che si vorrebbero distorcere, è proprio la disinformazione.
Le dirò di più, mi sarebbe piaciuto che Alexander fosse stato italiano.
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