Per l'establishment Usa un pugno in pieno viso, dopo decenni di ipotesi e programmi di "scacco matto globale", di mondo "unipolare" e di parcellizzazione e predazione politica ed economica di varie nazioni "non allineate" del pianeta.
Un ritorno degli Usa all'isolazionismo?
L'ultima guerra
Fin qui tutto normale
Come avvertiva nelle sue analisi pubblicate su questo quotidiano già all'indomani dell'11 settembre 2001 l'intellettuale geopolitico romeno-francese Jean Parvulescu, oggi andato oltre, l'egemonia mondialista degli Stati Uniti, dopo essere giunta all'acme ma ormai in quel momento in fase di stallo, si sarebbe presto dovuta confrontare sia con una crisi economico-finanziaria (avvenuta nel 2008 e ancora in atto) e sia con una crisi di credibilità politica.
Ma dalle parti di Wall Street e della City, o dei guru della "fine della storia" e dell'egemonia planetaria unipolare, della globalizzazione e del mondialismo, tale dignità latita. Piuttosto di cedere tale dominio, ogni mezzo, anche le guerre, o una nuova grande guerra, è una concreta possibilità.
Come fecero Roosevelt e Truman, il primo organizzando il pretesto dell'intervento, il secondo ordinando, a guerra già vinta, l'olocausto atomico di Hiroshima e Nagasaki.
Non è detto, naturalmente. Ma un' "ultima guerra" — dagli esiti spaventosi per tutti — magari contro Mosca, è una eventualità. Con gli avvoltoi che si annidano a Washington e Nuova York, purtroppo, qualcosa di più.