"Non sarò più ministro" in caso di vittoria del si al referendum di domenica prossima.
Yanis Varoufakis si è così espresso nel corso di un'intervista a Bloomberg Tv.
"Se il no vince, come noi abbiamo raccomandato di esprimersi al popolo greco, ricominceremo immediatamente i negoziati e, credetemi, ci sarà un accordo su basi diverse da quelle delle istituzioni",
ha aggiunto Varoufakis, che definisce le recenti proposte dei creditori internazionali come un aut aut, "prendere o lasciare".
Varoufakis ha anche assicurato che domenica non si voterà sull'ipotesi di Grexit.
"Vogliamo disperatamente restare nell'euro, anche se critichiamo i suoi quadri istituzionali",
ha confermato il ministro delle Finanze ellenico.
Varoufakis non ha però chiarito se anche il primo ministro, Alexis Tsipras, potrebbe dimettersi in caso di vittoria del si. A una precisa domanda in questo senso dell'intervistatore, il ministro ha risposto che "quando si va in battaglia, non c'è tempo di parlare della sconfitta", aggiungendo ottimista: "Noi vinceremo domenica e saremo qui".
Tuttavia, all'indomani del discorso alla nazione di Alexis Tsipras, che ha confermato il referendum e ha esortato i greci a votare no, il si sembra essere in testa. E' quanto emerge da un sondaggio condotto dall'istituto Gpo per Bnl Paribas, secondo cui a favore del piano dei creditori voterebbe il 47,1% dei greci, mentre i contrari sarebbero il 43,2%. Tanti ancora gli indecisi tra l'8 ed il 17%. Voti da cui, con molta probabilità, dipenderanno le sorti del referendum. Ieri, un sondaggio condotto per un quotidiano greco, Efimerida, aveva calcolato un 46% di no, contro il 37% di sì.
Ieri Tsipras, con una lettera, si è rivolto al presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che presiede anche il Meccanismo europeo di stabilità (ESM — European Stability Mechanism), detto anche Fondo salva-Stati, e ha chiesto la "ristrutturazione e riprofilazione" (taglio e modifica delle scadenze) del vecchio debito con il fondo comunitario e l'accensione di un nuovo debito biennale con il fondo comunitario "Salva Stati", escludendo dal nuovo meccanismo d'intesa le due istituzioni più oltranziste, ossia la BCE e il Fmi. Richieste subito respinte dalla Merkel e dall'Eurogruppo che hanno dettato lo stop alle trattative in attesa dell'esito del referendum.
Varoufakis a Bloomberg conferma la linea del governo: "Preferirei tagliarmi un braccio" piuttosto che firmare un accordo che non passasse da una ristrutturazione dell'enorme debito greco. "Quello che stiamo dicendo al popolo greco è basta con l'extend and pretend", ha proseguito Varoufakis.
"Vogliamo riformare questo Paese. Ma vogliamo farlo nell'ambito della ristrutturazione del debito",
ha concluso il ministro.