Sono 67 le vittime civili al termine dei dodici giorni di combattimenti nella città oasi di Palmira, ora nelle mani dello Stato Islamico. Dopo le prime stime, che parlavano di oltre 400 morti tra la popolazione civile della città, è stato l'Osservatorio per i diritti civili siriano a correggere il dato.
Secondo i dati diffusi dall'ONG oltre 150 tra soldati e presunti informatori del regime di Assad sarebbero stati giustiziati, principalmente per decapitazione. Altre 600 persone, di cui non si hanno più notizie, sono state invece prese in ostaggio dai miliziani del califfato nei giorni della conquista di Palmira.
La città, dichiarata patrimonio dell'umanità dall'Unesco nel 1980 per i suoi siti archeologici risalenti al periodo del regno indipendente di Palmira nel 300 d.C., è oggi strategica per la sua posizione sulle rotte stradali che uniscono il nord-est del paese con Damasco e Homs. Di queste ore la notizia della ripresa dei raid delle forze governative siriane sulla città, proprio per scongiurare la possibilità che l'ISIS possa far partire da Palmira azioni verso le due principali città siriane. A sottolineare la complessità della situazione nella regione, di ieri le parole del leader libanese di Hezbollah. Parlando in collegamento ai sostenitori del movimento, Hassan Nasrallah ha dichiarato per la prima volta che Hezbollah sostiene in Siria l'esercito lealista del presidente Bashar al Assad.