Nella domenica della tragedia che viene dal mare, molti ascoltano l'angelus del Papa in piazza San Pietro a Roma. Tra la folla, anche la comunità yemenita presente a Roma, che, insieme agli attivisti del movimento pacifista Rete No War e del Centro italo arabo e del Mediterraneo, Assadakah, nei giorni precedenti avevano preparato uno striscione —poi bloccato dalla polizia- con la scritta "Stop alle bombe saudite in Yemen" per ottenere l'attenzione del Papa e la visibilità dei media su una popolazione bombardata che vive tra paura e stenti.
Marinella Correggia, ecopacifista, intervistata da Sputnik Italia, esprime la difficoltà dell'impegno di pochi contro la guerra.
"Siamo qui, dice, con la comunità yemenita per protestare e chiedere al Papa di esprimersi a proposito di questi vergognosi bombardamenti che servono a proteggere gli interessi sauditi nel golfo, punto di passaggio delle petroliere, a danno di un paese molto povero, da sempre oppresso dalle petromonarchie. Viviamo in un contesto di guerra globale che tocca paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. I paesi della Nato e i loro ‘compagni di merende' —Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Oman, Emirati Arabi, Bahrain — con interventi diretti e indiretti hanno fomentato i gruppi terroristici, compresi Al Qaeda e l'Isis. E' anche grazie a questa politica criminale e guerrafondaia, alle guerre in Libia e in Siria, ai bombardamenti nello Yemen, che oggi ci sono 700 morti nel Mediterraneo. Da San Pietro vogliamo lanciare un appello a tanti altri gruppi affinchè le manifestazioni contro la guerra ritornino a essere presenti in piazza, perchè la pace non si fa cliccando al computer ma mostrando la propria faccia".

Fadhel, medico yemenita che vive in Italia da 8 anni, ci racconta di essere venuto "in Vaticano per mostrare al mondo l'aggressione dell'Arabia Saudita nello Yemen, paese in cui stanno morendo tanti bambini e le infrastrutture sono distrutte". Secondo Fadhel, lo Yemen vuole essere un paese unito e combattere contro il terrorismo. Quello yemenita, ci racconta fadhel, è un popolo dalla profonda cultura democratica, che crede nella libertà. Per questo spaventa l'Arabia Saudita.
E poiché la cultura della pace parte anche dai bambini, nella comunità yemenita troviamo anche loro che, sorridenti, dicono che vogliono vivere e che "oltre a parlare dobbiamo agire". Proprio i bambini ci dicono che hanno parlato della situazione dei loro familiari a scuola: "Abbiamo piantato il semino, ora i nostri compagni lo devono fare crescere".